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Cina - Paolino Vitolo

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struttura di vetro ed acciaio che si rispecchia sulla sottostante copertura<br />

delle scale mobili. Sugli specchi si arrampicano (è proprio il caso di dirlo!)<br />

degli operai in tuta blu e casco giallo, che con degli enormi spazzoloni<br />

dano e puliscono i vetri in maniera maniacale (alla cinese, insomma). Appe‐<br />

na entrati, per prima cosa individuiamo la sala d’imbarco del nostro treno<br />

sui tabelloni luminosi identici a quelli degli aeroporti. Poi ci fiondiamo alla<br />

biglietteria e chiediamo i biglietti Hangzhou – Shanghai per stasera. Pur‐<br />

troppo la risposta è conforme a quello che ci avevano detto le ragazze della<br />

reception dell’hotel: i biglietti si fanno ad Hangzhou. Cerco di chiedere<br />

me mai non siamo riusciti ad avere direttamente i biglietti andata e ritorno,<br />

ma evidentemente la domanda fa parte della categoria delle cose difficili o<br />

che non si possono neanche chiedere,<br />

perché ottengo una risposta incompren‐<br />

sibile.<br />

Giriamo per la stazione per ingannare<br />

l’attesa. In un punto della circonferenza<br />

c’è un ristorante, il Bricco Café, che offre<br />

“italian pizza & pasta” (sic!) e pubblicizza<br />

un menu all’italiana, come potete vedere<br />

dalla foto qui a fianco. Più avanti notiamo<br />

l’ufficio del Duty Master, cioè del respon‐<br />

sabile della struttura, e, poiché siamo<br />

preoccupati per il ritorno, decidiamo di<br />

entrare per sottoporre il nostro problema.<br />

Parlo con una cinese carina e gentilissima,<br />

ma con la quale riesco solo ad intrattene‐<br />

re un colloquio estenuante, che mi lascia<br />

con la sensazione di non esserci capiti.<br />

Anche lei se ne rende conto e a un certo punto incomprensibilmente mi<br />

accompagna in sala d’aspetto. Ho quasi l’impressione che l’abbia fatto per<br />

liberarsi di me. Poi però mi fa tornare indietro e dopo un po’ ritorna in uffi‐<br />

cio con una simpatica signora cinese che potrebbe avere fra trenta e qua‐<br />

rant’anni, anche se ormai ho capito che è difficile giudicare l’età delle cinesi<br />

e che, cosa più importante, parla bene l’inglese. E’ anche molto gentile,<br />

disponibile ed efficiente e si mette subito a disposizione. Dopo che le ho<br />

spiegato il nostro problema, la responsabile alza il telefono e fa una lunga<br />

conversazione, ovviamente per noi incomprensibile, con il suo omologo di<br />

Hangzhou. Appena finito di parlare ci dice che il nostro problema è risolto e<br />

comincia a scrivere su un pezzo di carta chimica perforata per stampanti di<br />

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