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Cina - Paolino Vitolo

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Salutiamo Olga e Alfonso e soprattutto Elena, che rivedremo solo tra dieci<br />

giorni, e, dopo una breve sosta in hotel, Gianfranco ed io ci avviamo al risto‐<br />

rante. Per raggiungerlo seguo le indicazioni di Elena, ma devo prima affron‐<br />

tare una discussione con Gianfranco, che, poiché ha saputo che il ristorante<br />

sta a fianco a un McDonald, ritiene che la direzione da me scelta sia inesatta.<br />

Il problema è che lui ricordava un altro McDonald, che ovviamente sta da<br />

qualche altra parte, ed io devo fare una gran fatica per convincerlo che in<br />

fondo a Pechino di McDonald ce ne devono essere veramente tanti. Co‐<br />

munque con mio grande sollievo riesco a imbroccare subito la strada giusta<br />

ed entriamo nel ristorante prima che possa sorgere un’altra discussione<br />

della serie “L’avevo detto, io!”. Cosa ancor più piacevole, dopo i soliti malin‐<br />

tesi con le cameriere, ordiniamo un piatto veramente buono: cosciotto di<br />

agnello alla mongola. Facciamo una gran fatica a convincere le cameriere<br />

che ne vogliamo uno a testa, cioè due in tutto. Evidentemente a quelle<br />

povere ragazze deve sembrare mostruoso il modo di abbuffarsi di questi<br />

incivili occidentali, ma a noi va bene così e mangiamo veramente di gusto,<br />

sempre innaffiando il tutto con una piacevole e leggera birra cinese.<br />

L’agnello mi ricorda un piatto molto simile che avevo mangiato tanto tempo<br />

fa al ristorante cinese Empress of China di San Francisco. In effetti anche<br />

quello era agnello alla mongola.<br />

Nonostante l’esagerazione secondo il metro cinese, il conto è veramente a<br />

buon mercato (secondo il metro italiano): l’equivalente di appena 9 euro a<br />

testa. Gianfranco insiste per dare una mancia di 1 yuan alle cameriere, ma<br />

queste si schermiscono con grandi risolini, neanche avessero ricevuto chissà<br />

quale audace proposta. Alla fine riusciamo a fargliela accettare quasi per<br />

forza e abbiamo l’ulteriore conferma che qua le mance non si usano proprio.<br />

In cambio però Gianfranco preleva – diciamo così – per<br />

ricordo un cucchiaino da caffè dal manico molto lungo,<br />

che farà bella mostra di sé in una zuccheriera di Pali‐<br />

nuro, dove per la sua lunghezza sarà sovente parago‐<br />

nato alle gambe snelle delle ragazze cinesi di coscia<br />

lunga.<br />

Durante il pranzo accade una cosa strana: Gianfranco,<br />

che è evidentemente un po’ stanco, comincia a chia‐<br />

marmi Alberto. Lo fa qui per la prima volta, ma lo farà<br />

spessissimo durante il viaggio. Io ribatto ( lo farò ogni volta): “Non sono<br />

Alberto, sono <strong>Paolino</strong>!”, e poi chiedo: “Chi è questo Alberto?”. Confesso che,<br />

nonostante glielo abbia chiesto mille volte, non sono mai riuscito a memo‐<br />

rizzare nel mio cervello il profilo di questo Alberto. Evidentemente<br />

l’anomalia fu provocata dal fuso orario o dall’atmosfera cinese, perché, una<br />

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