Cina - Paolino Vitolo
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giarlo. Adesso è aperto al culto ed è pieno di gente che prega e che accen‐<br />
de bastoncini di incenso sfidando la pioggia. Ci sono anche molti monaci<br />
con le classiche tuniche gialle e arancione, che stanno evidentemente svol‐<br />
gendo una funzione, a cui molti fedeli assistono compunti. Non oso scattare<br />
fotografie col flash, per non disturbare, ma poi mi rendo conto che, a causa<br />
della luce molto scarsa, le foto stanno venendo malissimo e mi faccio più<br />
audace, beccandomi i giusti rimproveri di qualcuno, forse guardiani o mo‐<br />
naci.<br />
Ormai l’oscurità avanza e ci stiamo avvicinando inesorabilmente alle 17,<br />
l’ora in cui abbiamo deciso di arrivare in stazione per prendere finalmente il<br />
sospirato biglietto di ritorno. Torniamo quasi di corsa al taxi sotto la pioggia<br />
e in meno di mezz’ora arriviamo alla stazione ferroviaria.<br />
Qui la situazione è decisamente peggiorata. La folla è un muro compatto già<br />
nel piazzale esterno della stazione. Comincio a pensare che, essendo dome‐<br />
nica, i cinesi vanno tutti in gita col treno. Sono le cinque e alle cinque e<br />
mezza dobbiamo arrivare al famoso bancone delle informazioni presso<br />
l’uscita, dove dovrebbero darci i biglietti di ritorno. L’ingresso della stazione<br />
è un cancello di ferro sulla destra, ma per arrivarci bisogna superare questa<br />
spaventosa massa di persone che preme proprio verso quel cancello. Met‐<br />
tersi in coda là in mezzo sembra un’impresa disperata: non arriveremo mai<br />
in tempo. Spinto dalla disperazione, ho un’idea folle: entrerò dal cancello di<br />
uscita, che sta sulla sinistra e dietro il quale c’è il sospirato bancone delle<br />
informazioni. Mi avvio fendendo con prepotenza il muro umano, ma, arriva‐<br />
to al cancello di ferro dell’uscita, trovo che è inesorabilmente chiuso e non<br />
c’è modo di aprirlo. Ci rassegniamo a fare la coda, se è lecito chiamare così<br />
il blocco compatto di umanità che ci sta davanti. Poiché è anche difficile<br />
restare vicini, mi sembra opportuno lanciare un avvertimento di sapore un<br />
po’ disperato: se ci dovessimo perdere, raggiungere la sala di imbarco del<br />
treno D680 e, nella peggiore delle ipotesi, cercare di salire sul treno a tutti i<br />
costi.<br />
“Fare la coda” in questo caso è un eufemismo, ma devo dire che<br />
l’esperienza acquisita allo stadio nelle partite più importanti si rivela di<br />
grande aiuto. Inoltre i cinesi sono in genere leggeri e piccoli ed è facile te‐<br />
nerli a bada. E’ così che miracolosamente riusciamo a raggiungere il sospira‐<br />
to bancone in tempo per le cinque e mezzo. Mostro il biglietto magico<br />
all’impiegata delle ferrovie che lo presidia e questa, invece di darci i biglietti,<br />
ci fa segno di accomodarci nella sala d’imbarco, dove ci accompagna perso‐<br />
nalmente. Inutile chiedere spiegazioni, perché la ragazza non parla inglese,<br />
quindi capiamo che i biglietti non sono pronti e ce li porteranno prima delle<br />
18,18, ora della partenza. La sala d’imbarco, nonostante manchi quasi<br />
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