Cina - Paolino Vitolo
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mia proposta viene però inesorabilmente bocciata, perché Pechino brulica<br />
di taxi, per di più veramente a buon mercato. Siamo in cinque e dobbiamo<br />
chiamarne due, quindi ci mettiamo ad un angolo del viale che costeggia il<br />
parco Beihai e cominciamo a fare segni col braccio alzato, come se facessi‐<br />
mo autostop. Blocchiamo un primo taxi su cui si imbarcano Alfonso Olga ed<br />
Elena, subito dopo se ne ferma un altro, su cui saliamo Gianfranco ed io.<br />
L’appuntamento è alla Torre del Tamburo. Immagino che, per andare in un<br />
posto raggiungibile in venti minuti a<br />
piedi, il taxi non impieghi più di<br />
cinque minuti. Ma in <strong>Cina</strong> eviden‐<br />
temente non è così: in <strong>Cina</strong> acca‐<br />
dono le cose cinesi. Il viaggio è<br />
interminabile, tanto che dopo poco<br />
il crepuscolo cede inesorabilmente<br />
alla sera. Il mio senso<br />
dell’orientamento, corroborato<br />
dallo studio della mappa, mi sugge‐<br />
risce che il tassista, come si suol<br />
dire, “ci sta portando per boschi”.<br />
Faccio per protestare, ma<br />
l’incomunicabilità vera o presunta<br />
dovuta alla mancanza di una lingua<br />
comune cala come una cortina fra<br />
di noi. Comunque il tassista, che è<br />
meno scemo di quel che vorrebbe<br />
far credere, capisce che mi sto<br />
arrabbiando e finalmente dopo<br />
quasi un’ora ci sbarca alla Torre del Tamburo. Lo scherzo ci costa una cin‐<br />
quantina di renminbi (corrispondenti a poco più di cinque miserabili euro)<br />
ed un’ora della nostra vita, che sicuramente vale molto di più. Non solo, ma<br />
ormai è quasi sera e degli altri amici non c’è alcuna traccia. Per giunta i<br />
nostri telefonini non funzionano e non possiamo comunicare. Dopo un paio<br />
di giri a vuoto decidiamo di tornare in albergo e quindi chiamiamo<br />
l’ennesimo taxi, che dopo un’altra oretta di traffico bestiale, ci riporta al<br />
Gloria Plaza, dove finalmente il gruppo si ricompone.<br />
Nella hall del’albergo c’è una postazione dove una gentile cinese offre gite<br />
organizzate alle principali mete turistiche di Pechino e dintorni. Noi stor‐<br />
ciamo il naso, perché ci sentiamo molto “turisti fai da te” e ci sembra che<br />
partecipare a una gita intruppati con altra gente sia una specie di menoma‐<br />
zione. Elena però ritiene che, avendo poco tempo, questo sia il sistema più<br />
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