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Cina - Paolino Vitolo

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uoni venti minuti di ritardo, il sudamericano ricompare e tutti insieme<br />

possiamo avviarci all’uscita del parco. Il percorso non è breve, anche perché<br />

sono frequenti le occasioni di distrazione e di sosta: pagode, templi, giardi‐<br />

ni, tutte cose che forse sarebbe valsa la pena vedere con calma. Mi viene in<br />

mente che tre giorni a Pechino (di cui uno, domani, dedicato alla Grande<br />

Muraglia) sono un po’ pochini e mi ricordo giusto ora le parole della guida<br />

del Touring: tre giorni sono appena sufficienti per un mordi e fuggi. Quando<br />

finalmente usciamo dal complesso del Palazzo d’Estate sono le sei meno un<br />

quarto: è evidente che, dovendo ancora andare al negozio delle perle, il<br />

pulmino non potrà essere all’albergo per le sei, come previsto dal pro‐<br />

gramma ufficiale. Quindi dobbiamo assolutamente separarci. In un primo<br />

momento Amy ci propone di accompagnarci alla stazione più vicina della<br />

metropolitana, poi lei stessa, considerando i nostri impegni di teatro, cam‐<br />

bia idea e ci consiglia di prendere un taxi, anzi due perché siamo in cinque.<br />

Fortunatamente li troviamo subito (a Pechino girano tanti taxi che è difficile<br />

aspettare più di cinque minuti). Sul primo taxi sale la famiglia Sabatino di<br />

Torino, sul secondo Gianfranco ed io e in circa mezz’ora raggiungiamo<br />

l’albergo. Il tempo di cambiarci, indossando giacca e cravatta, e per le sette<br />

siamo pronti nella hall. Dobbiamo partire subito perché lo spettacolo co‐<br />

mincia alle sette e mezza e il percorso per il locale, il Qian Men Jian Guo<br />

Hotel alla Qian Men Lu (via della Prima Porta) è sicuramente non indifferen‐<br />

te, come sempre in una città enorme come Pechino. Poiché Alfonso è in<br />

leggero ritardo, partiamo per primi Olga, Gianfranco ed io; Elena e Alfonso<br />

verranno subito dopo. Elena ci raccomanda di fermare subito il tavolo pre‐<br />

notato, appena arrivati al teatro, per evitare che ce lo tolgano per un even‐<br />

tuale ritardo, e magari acquistare anche i biglietti. Si è deciso infatti di assi‐<br />

stere allo spettacolo non dalle poltrone di sala, ma da uno dei tavoli delle<br />

prime file, dove viene anche servito il tè con frutta e biscotti. Sul taxi, am‐<br />

mirando le luci dei viali, dei grattacieli e dei negozi coi nomi delle firme<br />

internazionali, mi lascio andare ad alta voce alle considerazioni che avevo<br />

solo pensato uscendo dal parco del Palazzo d’Estate: se avessi immaginato<br />

che questa città è così grande e così interessante, forse avrei pensato un<br />

itinerario diverso. Non l’avessi mai detto! Non so per quale motivo (e anco‐<br />

ra oggi non riesco a spiegarmelo) Gianfranco si appassiona (diciamo così)<br />

all’argomento e si riscalda sempre di più, rintuzzando veementemente le<br />

blande e accondiscendenti argomentazioni di Olga. Per i miei lettori che<br />

non lo conoscono, vorrei precisare che Gianfranco è un bravo e simpatico<br />

ragazzo (!?), ma, quando prende partito su una cosa, non c’è verso di fargli<br />

cambiare idea. Io che lo so, se riesco a rimanere calmo, faccio cadere il<br />

discorso, che è la cosa migliore. Purtroppo mi accade a volte di non essere<br />

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