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Cina - Paolino Vitolo

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al tavolo e poi durante il taglio ha avuto tutto il tempo di raffreddarsi. In‐<br />

sieme con l’anatra vengono servite delle crêpes, non di farina, ma di riso,<br />

ovviamente, e delle coppette contenenti una salsa fatta col sugo dell’anatra.<br />

Il sistema per gustare il tutto, come ci insegna Elena, è prendere una crêpe,<br />

metterla nel piattino personale, prendere un pezzo di anatra, intingerlo<br />

nella salsa, posarlo nella crêpe e arrotolare il tutto. Poi, sempre rigorosa‐<br />

mente con i bastoncini, prendere l’involtino ottenuto e metterselo in bocca.<br />

Io provo a fare il tutto e ci riesco abbastanza bene ed il sapore è anche<br />

buono. L’unico problema è che, col tempo che passa, tutto diventa sempre<br />

più freddo. Terminata l’anatra ci viene portato in omaggio un digestivo:<br />

tutti ci rallegriamo, finché non scopriamo che si tratta di un brodo caldo<br />

fatto con l’anatra, estremamente grasso e, per i nostri gusti che a fine pran‐<br />

zo ci fanno preferire una bella grappa, decisamente disgustoso. Però (la vita<br />

è bella perché è varia) al nostro tavolo c’è persino chi lo trova gradevole. Io,<br />

per parte mia, nonostante il mio atteggiamento positivo nei riguardi di tutte<br />

le novità, con tutta la buona volontà non riesco ad assaggiarlo. Ho trovato<br />

una cosa che è più forte di me. Alla fine chiediamo il conto, che risulta esor‐<br />

bitante (il più caro mai pagato in <strong>Cina</strong>) cioè 250 yuan a testa, più di 25 euro,<br />

cioè un prezzo non cinese, ma italiano.<br />

Usciamo e subito cerchiamo i taxi per tornare in albergo. Io ho studiato la<br />

mappa sulla mia guida rossa del TCI e sostengo che l’albergo non è lontano<br />

e ci si potrebbe anche andare a piedi. La proposta è accettata solo in parte:<br />

Alfonso, Olga ed Elena se ne tornano col taxi, Gianfranco ed io torniamo a<br />

piedi. L’aria è fresca e pulita ed i viali sono larghi e piacevolmente illuminati.<br />

Tutt’intorno palazzi e grattacieli di stile decisamente occidentale, pieni di<br />

insegne luminose e di pubblicità. Io cammino tenendo la mia guida rossa in<br />

mano e per un attimo rimango un po’ indietro rispetto a Gianfranco. Pro‐<br />

prio in quel momento una ragazza cinese mi ferma apostrofandomi in ingle‐<br />

se. È bassina e un po’ grassottella, ma ha la faccia simpatica. Mi chiede da<br />

dove vengo, perché dal libro che porto ha capito che sono un turista. Alla<br />

mia risposta, mi chiede ancora per quanto tempo rimarrò in <strong>Cina</strong> e quali<br />

posti penso di visitare. Sembra proprio che voglia avviare una conversazio‐<br />

ne, anzi a questo punto mi invita ad andare a bere qualche cosa al bar.<br />

L’invito mi sembra però eccessivo e prematuro ed istintivamente mi ritrag‐<br />

go: le dico che sono molto stanco, che sono arrivato solo quella mattina e<br />

sento tutto il peso del jet lag. Quindi la saluto molto gentilmente e faccio<br />

per darle la mano, ma lei stranamente, forse un po’ delusa, si ritrae ed en‐<br />

trambi ci allontaniamo. Rimango nel dubbio: quella ragazza voleva sempli‐<br />

cemente passare un po’ di tempo con uno straniero, un occidentale un po’<br />

attempato (ma non troppo) o voleva qualcos’altro? E che ci trovava di par‐<br />

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