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Cina - Paolino Vitolo

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pezzo forte della serata, rappresenta la scimmia o meglio un guerriero<br />

scimmia che combatte (e vince) contro quaranta guerrieri mandati da Bud‐<br />

dha a contrastarlo. Si tratta di un bellissimo spettacolo di musica, danza e<br />

virtuosismi acrobatici veramente notevoli e gli attori sono molto bravi. So‐<br />

prattutto la scimmia mostra una mimica ed un’espressività che rende<br />

l’azione perfettamente comprensibile, nonostante non sia parlata (e se<br />

anche lo fosse non capiremmo niente).<br />

Alla fine lo spettacolo ha termine, mentre le frutta e il tè erano terminati<br />

già molto tempo prima. Lasciamo la sala, che si svuota rapidamente, anche<br />

perché la platea era praticamente vuota; solo i posti con i tavoli da tè erano<br />

occupati, il che dimostra, secondo me, che allo spettacolo hanno assistito<br />

solo turisti. Evidentemente l’opera cinese agli indigeni non interessa più<br />

(cosa che è anche confermata dal prologo e dalle spiegazioni tutte in ingle‐<br />

se). Comunque mentre usciamo do un’occhiata all’orologio e noto che sono<br />

appena le nove. Il rinfresco durante lo spettacolo non può considerarsi una<br />

vera cena, ma a dir la verità non ho fame: sono bastati appena due giorni in<br />

<strong>Cina</strong> per farmi diventare parco come un povero contadino cinese del secolo<br />

scorso. Però il vecchio spirito non è evidentemente del tutto sopito, perché,<br />

quando qualcuno, insoddisfatto del tè con dolcetti, propone di andare a<br />

mangiare qualcosa al ristorante, mi unisco immediatamente all’unanime<br />

entusiasmo. Elena, che, poiché sta qui già da un po’ di tempo, è stasera la<br />

nostra guida, propone di andare in un ristorante in Sanlitun Lu, che è una<br />

strada piena di locali, che lei conosce e dove ha già mangiato con i suoi<br />

amici. Si pone come al solito il problema dei taxi, che, essendo noi in cinque,<br />

devono essere necessariamente due. Nel primo che prendiamo al volo sa‐<br />

liamo Elena, Gianfranco ed io; nel secondo che arriva subito dopo salgono<br />

Olga e Alfonso. Sembrerebbe impossibile perdersi (come è avvenuto ieri<br />

alla Torre del Tamburo), anche perché Elena comunica personalmente<br />

l’indirizzo al secondo taxi, ma evidentemente anche in <strong>Cina</strong> vale la prima<br />

legge di Murphy (“Se c’è qualcosa che ha la possibilità di andare male, state<br />

pur certi che lo farà”) . Sbarchiamo infatti molto fiduciosi all’inizio di Sanli‐<br />

tun Lu e cominciamo ad aspettare buoni buoni il secondo taxi. Io anzi, a‐<br />

vendo proprio davanti ai miei occhi la targa col nome della strada sia in<br />

cinese che in pinyin, comincio a fare le considerazioni e i ragionamenti che<br />

mi hanno portato a scrivere il primo capitolo di questo diario<br />

(“Considerazioni sulla lingua cinese” a pagina 5). Infatti Sanlitun Lu non è<br />

altro che la versione pinyin del cinese 三里屯 路 ; ciò significa che le tre<br />

sillabe san li tun hanno valore puramente fonetico, mentre lu significa effet‐<br />

tivamente via, strada. Però, se consideriamo (visitando il sito internet<br />

www.nciku.com) i significati più probabili dei tre ideogrammi che compon‐<br />

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