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Cina - Paolino Vitolo

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gni della fame non dimenticata; giovani allegri e sorridenti, alti e<br />

dall’aspetto sano, ben diversi dai loro genitori; bambini rumorosi come tutti<br />

i bambini del mondo, accompagnati dalle loro maestre in quella che forse è<br />

una gita premio nelle antichità del loro paese. Tutti sono divisi in gruppi,<br />

riconoscibili dai loro berretti di cotone con visiera tutti uguali e dalla guida<br />

che, per farsi vedere, tiene alta la sua bandierina, stranamente quasi sem‐<br />

pre gialla. I bambini, che evidentemente a scuola studiano tutti l’inglese (le<br />

autorità hanno capito che questo è l’unico modo per spezzare l’isolamento<br />

che sarebbe molto dannoso per la loro economia emergente), appena rico‐<br />

noscono le nostre fattezze occidentali, ci apostrofano con gioiosi “Hello,<br />

hello! How are you?”. In effetti il paragone con le formiche è molto calzan‐<br />

te: le formiche sembrano indifese e puoi schiacciarne quante ne vuoi, ma<br />

poi ne arriveranno sempre altre e poi altre ancora. Un numero di abitanti<br />

che si avvia a toccare il miliardo e mezzo è un’approssimazione molto valida<br />

del concetto di infinito.<br />

In tutto questo arriviamo finalmente alla porta sud, il luogo<br />

dell’appuntamento nel caso ci fossimo persi. Capisco perché Amy aveva<br />

detto di aspettare “dentro” la porta: essa è infatti una specie di massiccio<br />

palazzo di colore rosso privo di finestre, attraversato perpendicolarmente<br />

da quattro grandi portoni con volta a botte, simili a gallerie, uno solo dei<br />

quali è aperto al pubblico. Amy evidentemente aveva detto di aspettare nel<br />

portone‐galleria. Comunque ci siamo tutti, come conferma Amy che, dimo‐<br />

strando una buona professionalità, ogni tanto ci conta ed ormai ci riconosce<br />

pure uno per uno. Evidentemente per queste guide non deve essere un<br />

evento improbabile quello di perdere qualche turista nel bailamme cinese.<br />

Fuori della porta sud ci attendono un paio di mezzi, simili a pulmini scoperti,<br />

che ci prelevano e in un paio di minuti ci portano all’esterno sulla pubblica<br />

via, dove il pulmino che al mattino ci aveva lasciato alla porta nord ci sta<br />

aspettando. Evidentemente il tragitto fatto con gli strani veicoli scoperti<br />

non è aperto al traffico normale.<br />

La nostra prossima meta è il Tempio del Cielo, quello dove l’imperatore si<br />

recava periodicamente per andare a salutare il suo papà e per chiedergli di<br />

concedere alla <strong>Cina</strong> dei buoni raccolti. Anche qui non si tratta solo di un<br />

tempio, ma di un parco immenso con al centro il tempio vero e proprio.<br />

Comincio a capire la conformazione di Pechino e le ragioni della sua im‐<br />

mensa ampiezza. A parte il fatto che tredici milioni di abitanti devono pur<br />

stare da qualche parte, c’è da dire che la città è molto più grande dello<br />

stretto necessario perché tutta disseminata di grandi parchi con templi e<br />

pagode, ad uso esclusivo dell’imperatore e della sua corte. Il centro era la<br />

Città Proibita, che era forse l’area più fittamente costruita e con meno aree<br />

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