pubblicazione - 2° Circolo Didattico Colle di Val d'Elsa
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astratte <strong>di</strong> cultura, spesso coincidenti con i nostri stereotipi (per esempio, il bambino è<br />
cinese quin<strong>di</strong>…; è una bambina africana allora…; sono albanesi perciò…), ma cocostruiscono<br />
e de-costruiscono insieme esperienze in cui si raffrontano conoscenze vecchie<br />
con quelle nuove e si formulano nuovi significati nello spazio con<strong>di</strong>viso della relazione. Per<br />
esempio, quando chiedo ad un bambino <strong>di</strong> “raccontarsi”, il racconto dovrebbe avvenire in<br />
modo spontaneo, senza rivolgere domande <strong>di</strong>rette che possano riconfermare e perpetuare<br />
lo stereotipo (per esempio, “Raccontami una festa tipica del tuo Paese”, “Dimmi quali sono i<br />
piatti tipici del tuo Paese”, “Cantami una canzoncina tipica”, “Qui si fa così, da voi come si<br />
fa?”, etc.). Il racconto può essere anche stimolato attraverso attività in cui si propongono<br />
testi narrativi o giochi, chiedendo “Che cosa ne pensi? Che cosa faresti al posto <strong>di</strong>...?”<br />
Raccogliere racconti <strong>di</strong> vita non può ridursi a esercizi <strong>di</strong> <strong>di</strong>aloghi interculturali 5 banalizzanti:<br />
valorizzare la relazione fra gli in<strong>di</strong>vidui, fra le soggettività implicate, significa, infatti, offrire<br />
“la possibilità <strong>di</strong> creare, preliminarmente, uno spazio comune […] d’intelligibilità<br />
con<strong>di</strong>visa, una relazione che sia anche uno scambio <strong>di</strong> significati e processo<br />
comune <strong>di</strong> conoscenza: della propria reciproca umanità e dei propri mon<strong>di</strong><br />
sociali, culturali e morali. […] L’empatia, non l’assimilazione ingenua, <strong>di</strong>venta<br />
un’attitu<strong>di</strong>ne metodologica ed euristica che non riguarda solo gli universi<br />
affettivi, morali e culturali dei migranti, ma deve permettere all’etnografo<br />
(insegnante, nel nostro caso) <strong>di</strong> immaginare: chi sarei io, come mi comporterei<br />
[…] quali strategie adotterei per <strong>di</strong>fendermi dalle immagini negative <strong>di</strong> me stesso<br />
che mi restituisce la società d’arrivo? Poiché l’estraneo non è veramente tale e<br />
sono piuttosto le sue rappresentazioni sociali a restituirlo connotato da qualche<br />
forma <strong>di</strong> alterità irriducibile. Alla luce dell’esperienza, penso che la <strong>di</strong>alettica<br />
“familiarizzare l’estraneo/relativizzare il familiare” vada resa più problematica e<br />
complessa: le biografie dei migranti spesso ci restituiscono un altro volto <strong>di</strong> ciò<br />
5 Attraverso le indagini etnografiche realizzate nella scuola, gli antropologi affermano che l’educazione interculturale,<br />
elaborata negli ultimi vent’anni dalla pedagogia europea e praticata nel quoti<strong>di</strong>ano scolastico, si basa spesso su vecchie<br />
definizioni del concetto <strong>di</strong> cultura. “Qui , la cultura è spesso pensata come un contenitore con pareti ben precise, che tiene<br />
più o meno prigioniere le persone che, per entrare in contatto tra loro, devono appunto attraversare le pareti/confini”<br />
(Piasere 2007:14) (vd. nota 2). “Il termine stesso «inter-cultura» nasce forse da questa metafora nascosta, costruita<br />
analogicamente sull'idea dello stato- cassetta, creatore <strong>di</strong> «culture nazionali» omogenee. Un'altra metafora su cui è costruito<br />
il vecchio concetto <strong>di</strong> cultura è quello <strong>di</strong> «razza», per cui i tratti culturali sono inconsapevolmente pensati come «genetici»<br />
(«intrinseci», «atavici», «che fondano le proprie ra<strong>di</strong>ci nella notte dei tempi», ecc.) […], anche se oggi, si propugna<br />
«l'ibridazione», o il «meticciamento» culturali, e simili. Tale metafora nascosta, pericolosa per la storia che veicola, appare a<br />
volte anche nei nomi delle associazioni o dei progetti <strong>di</strong> educazione interculturale. Oggi, al contrario, in antropologia<br />
prevale un approccio «<strong>di</strong>stributivo» della cultura, intesa come senso comune esternato e <strong>di</strong>versamente con<strong>di</strong>viso all'interno<br />
delle reti sociali, in cui agiscono persone con <strong>di</strong>fferenti agentività e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>versamente in grado <strong>di</strong> influenzare il<br />
cambiamento <strong>di</strong> un dato senso comune. Vista, così, ogni persona <strong>di</strong>venta un punto <strong>di</strong> congiunzione per un infinito<br />
numero <strong>di</strong> culture che si sovrappongono parzialmente” (Ibidem ).<br />
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