pubblicazione - 2° Circolo Didattico Colle di Val d'Elsa
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entusiasmo e <strong>di</strong>vertimento. La seren<strong>di</strong>pità nella ricerca è qualcosa <strong>di</strong> simile, poiché spesso i<br />
risultati più esaltanti capitano nei momenti più inaspettati” (Woods in Gobbo 2003: 35).<br />
Le modalità <strong>di</strong> osservazione proposte per la classe mirano a fornire all’insegnante uno<br />
spettro ampio sugli elementi <strong>di</strong> complessità, volti ad un esame approfon<strong>di</strong>to e articolato<br />
imprescin<strong>di</strong>bile, prima e durante le cosiddette pratiche scolastiche <strong>di</strong> valutazione. La cura e<br />
l’osservazione degli aspetti relazionali implicano il fatto che qualsiasi approccio, materiale o<br />
tecnica, per quanto moderni, che prescindano dagli aspetti relazionali inerenti alla capacità<br />
dell’insegnante <strong>di</strong> osservare/ascoltare e auto-osservarsi, si rivelano inefficaci. Come<br />
sottolinea il pedagogista Paolo Perticari, “nel design dei maggiori esperti <strong>di</strong> pedagogia e<br />
<strong>di</strong>dattica permane una concezione implicita dell’appren<strong>di</strong>mento fortemente legata all’avere<br />
una buona teoria, una rappresentazione <strong>di</strong> qualcosa che precede e sostiene il modo <strong>di</strong><br />
agire, poco capace <strong>di</strong> misurarsi con l’effettività dell’apprendere e con la concretezza<br />
dell’azione” (Perticari 2005: 68).<br />
In definitiva, saper osservare significa:<br />
- ammettere che i nostri ‘giu<strong>di</strong>zi’ sugli apprendenti possano derivare da una <strong>di</strong>storsione<br />
dovuta alle nostre osservazioni.<br />
- poter mo<strong>di</strong>ficare le proprie ‘certezze’ attraverso l’ascolto e l’osservazione <strong>di</strong> concreti e<br />
quoti<strong>di</strong>ani rapporti <strong>di</strong> relazione/interazione tra i bambini e tra i bambini e<br />
l’insegnante9 .<br />
- non attribuire mai le <strong>di</strong>fficoltà (relazionali e linguistiche) dei nostri apprendenti alla<br />
cosiddetta “origine culturale”, nello specifico sapere che:<br />
a. non esistono “tratti culturali intrinseci” da cui desumere i comportamenti dei<br />
bambini.<br />
9 Come espresso precedentemente (vd. nota 3), l’approccio “<strong>di</strong>stributivo”, oggi prevalente in antropologia, sottolinea<br />
l’importanza <strong>di</strong> considerare l’interazione fra i <strong>di</strong>fferenti in<strong>di</strong>vidui, la loro capacità <strong>di</strong> influenzare il cambiamento <strong>di</strong> un dato<br />
senso comune, attraverso co-esperienze. Afferma Leonardo Piasere: “Sono del parere che due persone, per quanto<br />
esperienzialmente lontane e separate, con<strong>di</strong>vidano pur sempre un grado <strong>di</strong> competenza empatica, che deriva dall’avere un<br />
sistema corporeo simile, che permette loro <strong>di</strong> entrare in risonanza in qualcosa, <strong>di</strong> comunicarsi qualcosa - al limite la paura<br />
l’uno dell’altro e la decisione <strong>di</strong> non interagire. Ma con<strong>di</strong>vidono anche un grado <strong>di</strong> competenza sul mondo, che deriva<br />
dall’avere un sistema corporeo simile che interagisce con un mondo simile e il risultato del suo «impatto» è simile per tutti:<br />
si sa che l’orizzonte è una linea immaginaria e che esso non esiste, però tutti gli uomini, dato il loro corpo e dato il loro<br />
mondo, lo «percepiscono». Ma in questo reale esperienziale fatto <strong>di</strong> una <strong>di</strong>somogenea continuità sfumata, gli uomini fanno<br />
<strong>di</strong> tutto per stabilire delle <strong>di</strong>scontinuità. A volte la decisione <strong>di</strong> stabilire <strong>di</strong>stinzioni è inconsapevole: si sta insieme solo noi<br />
che parliamo allo stesso modo e facciamo le stesse cose; oppure con gra<strong>di</strong> vieppiù marcati <strong>di</strong> consapevolezza, si<br />
stabiliscono frontiere più o meno nette. Da notare che nessuno al mondo parla esattamente nello stesso modo <strong>di</strong> un altro,<br />
ma solo in mo<strong>di</strong> simili; nessuno fa una sola cosa nello stessissimo modo <strong>di</strong> un altro, ma solo in mo<strong>di</strong> mimeticamente simili.<br />
La somiglianza e la <strong>di</strong>fferenza esperienziale è quin<strong>di</strong> una decisione sociale e <strong>di</strong>pende sempre dai tratti selezionati ritenuti<br />
pertinenti. È la con<strong>di</strong>visione, in gra<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi, delle sfere concettuali che permette una sua organizzazione su basi sociali.<br />
Ora, anche se spesso è <strong>di</strong>fficile stabilirne i motivi e le modalità, il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>screzione, <strong>di</strong> stabilimento delle <strong>di</strong>stinzioni,<br />
nette o sfumate, è sempre un atto o un processo <strong>di</strong> potere: è una messa a <strong>di</strong>stanza” (Piasere 2002: 129-130).<br />
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