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pubblicazione - 2° Circolo Didattico Colle di Val d'Elsa

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Che sia utilizzabile come lingua scritta per tutti gli usi;<br />

Che sia utilizzabile come lingua orale per parlare <strong>di</strong> qualsiasi argomento.<br />

Ad oggi non tutti i linguisti sono concor<strong>di</strong> nell’identificare quale sia l’italiano standard. Per<br />

quanto riguarda la pronuncia alcuni lo identificano con il fiorentino contemporaneo<br />

depurato della gorgia, cioè l’aspirazione <strong>di</strong> alcuni suoni consonantici (tipicamente, in alcuni<br />

contesti, [k] <strong>di</strong>venta [h], [t] <strong>di</strong>venta [ɵ], ecc.). Per quanto riguarda l’aspetto grammaticale,<br />

l’italiano standard sarebbe rappresentato dall’italiano dell’ottocento e del Novecento dopo<br />

Manzoni. Questa tipologia <strong>di</strong> italiano è stata prevalentemente utilizzata per i testi scritti<br />

aventi un carattere formale.<br />

Ad oggi la vitalità dell’italiano standard è messa in forte <strong>di</strong>scussione non solo perché non<br />

rintracciabile nell’oralità ma anche nei testi scritti: molte norme e forme co<strong>di</strong>ficate come<br />

standard vengono, infatti, sempre più sostituite dalle corrispondenti ed equivalenti norme e<br />

forme orali, spesso esistite ed usate per secoli produttivamente a fianco delle prime e<br />

considerate, tuttavia, meno affettate <strong>di</strong> queste.<br />

Italiano neostandard<br />

L’italiano “neostandard” (Berruto 1987), in<strong>di</strong>cato anche con i termini “comune”, “dell’uso<br />

me<strong>di</strong>o” (Sabatini 1985), “tendenziale” (Mioni 1983), è identificabile con la lingua <strong>di</strong> questi<br />

ultimi cinquant’anni. È una varietà scritta e parlata, che coincide in gran parte con l’italiano<br />

standard, ma accetta molti aspetti che in precedenza erano percepiti come non accettabili:<br />

fenomeni linguistici caratteristici del parlato che sono, ad oggi, accettati anche nello scritto.<br />

In particolare, a livello morfosintattico, il neostandard accoglie forme appartenenti alle<br />

<strong>di</strong>verse varietà (<strong>di</strong>atopiche, <strong>di</strong>astratiche, <strong>di</strong>afasiche, <strong>di</strong>amesiche); vi è la contaminazione con<br />

il lessico proveniente da linguaggi <strong>di</strong>versi (sportivo, tecnico, scientifico, ecc.) e anche da<br />

lingue straniere (oggi molte parole inglesi sono abitualmente usate nell’oralità e nello<br />

scritto).<br />

Oggi il neostandard è parlato e scritto dalla maggioranza della comunità italiana come<br />

varietà <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a formalità.<br />

Italiano regionale<br />

L’italiano regionale è descritto dai linguisti come una varietà <strong>di</strong> italiano, molto influenzata<br />

dal <strong>di</strong>aletto, che si <strong>di</strong>stingue dall’italiano standard e dagli altri italiani regionali per elementi<br />

tipicamente locali. L’italiano regionale è la conseguenza dell’assorbimento dei <strong>di</strong>aletti<br />

nell’italiano neostandard secondo il seguente percorso:<br />

Dialetto –> <strong>di</strong>aletto regionale –> italiano regionale –> italiano neostandard.<br />

Sentendo parlare una persona, ad esempio, anche in contesti molto formali, ci si può<br />

rendere conto della regione <strong>di</strong> provenienza dalla pronuncia e dall’intonazione. Si possono<br />

incontrare regionalismi per l’aspetto lessicale. Non accade altrettanto, invece, specialmente<br />

in contesti formali, per la costruzione grammaticale delle frasi.<br />

Le quattro varietà regionali principali sono: settentrionale, toscana, romana, meri<strong>di</strong>onale; a<br />

queste si aggiungono le varietà sarde e quelle meri<strong>di</strong>onali estreme.<br />

Italiano popolare<br />

L’italiano popolare è stato anche definito l’ “italiano dei semicolti” perché è usato dalle fasce<br />

meno istruite della popolazione accanto al <strong>di</strong>aletto e presenta quin<strong>di</strong> forti caratteri regionali.<br />

Si è parlato – e si continua a parlare – <strong>di</strong> “semplificazione” rispetto all’italiano standard o<br />

normativo, relativamente all’italiano popolare: da questo ne deriva una forte censura sociale<br />

applicata a chi è parlante nativo <strong>di</strong> queste varietà linguistiche.<br />

Il nostro punto <strong>di</strong> vista sull’italiano popolare ribalta questa prospettiva:<br />

Non ve<strong>di</strong>amo la lingua standard come modello, né la usiamo come continuo riferimento per<br />

sanzionare le altre varietà linguistiche;<br />

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