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Le Fobie - dott. Gianni Savron

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<strong>Gianni</strong> <strong>Savron</strong> <strong>Le</strong> <strong>Fobie</strong><br />

<strong>Le</strong> fobie invece vengono suddivise in a) fobie degli oggetti esteriori<br />

(metallofobia, tricofobia, idrofobia, rupofobia, ematofobia, ecc.); b) dei luoghi ed elementi<br />

(agorafobia, claustrofobia, idrofobia, talassofobia, astrofobia, nictofobia, ecc.);<br />

c) malattie e funzioni organiche (patofobia, nosofobia, tanatofobia, tafefobia,<br />

dismorfofobia, ecc.); d) esseri viventi (antropofobia, zoofobia).<br />

Nel Traité vengono altresì evidenziate la monofobia, caratterizzata dal<br />

timore di rimanere soli sia di giorno che di notte e la fobofobia o paura di avere<br />

paura di Beard, ma le fobie che meritano particolare attenzione, soprattutto<br />

per la loro frequenza sono: la claustrofobia, l’agorafobia (topofobia di Beard) e<br />

l’ereutofobia (timore di arrossire).<br />

Esse avevano come tratto comune fenomeni d’angoscia e vertigini più o<br />

meno violente; infatti, nel testo si riporta una accurata diagnosi differenziale<br />

delle vertigini già descritta da <strong>Le</strong>grand du Saulle con la quale si evidenzia<br />

che nelle vertigini da agorafobia non si ha il movimento di rotazione degli<br />

oggetti e offuscamento della vista tipico delle vertigini semplici e tenebrose,<br />

mentre si ha coscienza e ricordo dell’evento, a differenza di quanto si verifica<br />

nelle crisi epilettiche; inoltre, non si hanno disturbi gastrici e preoccupazioni<br />

relative la salute presenti invece nelle vertigini di stomaco e nell’ipocondria.<br />

In merito alle descrizioni cliniche dell’agorafobia, già Morel nel 1866 ne<br />

aveva colto le caratteristiche salienti che più tardi sarebbero state abilmente<br />

descritte ed approfondite da Westphal nel 1871 con il termine di agorafobia<br />

o paura delle piazze pubbliche.<br />

Il termine “paura degli spazi” era più appropriato poiché l’emozione<br />

poteva verificarsi per strada, su un ponte, un balcone, una finestra, una<br />

barca, in piena campagna, teatro, chiesa, in uno spazio qualunque coperto o<br />

scoperto, purché vuoto e di una certa estensione (Ballet, 1903).<br />

Nel suo Traité de Phatologie Mentale così Ballet descrive il disturbo:”… La<br />

paura degli spazi è caratterizzata dai fenomeni seguenti: in presenza di uno spazio<br />

vuoto, nelle condizioni che descriviamo, un soggetto prova bruscamente una paura<br />

angosciante accompagnata da un tremore generale, da una debolezza degli arti infe -<br />

riori, da palpitazioni cardiache. L’angoscia è soprattutto cerebrale, il soggetto è con -<br />

fuso se deve attraversare un luogo, teme che la distanza sia enorme, che non sarà in<br />

grado; egli prova una stretta alle tempie, un senso di vuoto al capo ed una confusio -<br />

ne profonda nelle idee; egli è nell’impossibilità di avanzare. Se la situazione si pro -<br />

lunga, se il malato prova, con uno sforzo di volontà, a dominare l’ansietà, che in qual -<br />

che maniera lo paralizza, può essere che riesca a camminare e che superi la parte dif -<br />

ficile, senza altri inconvenienti che la persistenza di una malattia molto penosa. Ma<br />

i casi sono rari. Più sovente … la situazione … non fa che aggravarsi; gli sforzi del<br />

malato non fanno altro che accentuare tutti i sintomi: all’angoscia cerebrale iniziale<br />

si aggiunge una costrizione epigastrica e toracica, si producono un alternarsi di vam -<br />

pate di calore e freddo, sudorazioni profuse, stordimenti, ronzii, vertigini, e il tutto<br />

può giungere a sincope. Per fare cessare la crisi … : nessuna emozione si produrrà,<br />

14 Caleidoscopio

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