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Le Fobie - dott. Gianni Savron

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<strong>Gianni</strong> <strong>Savron</strong> <strong>Le</strong> <strong>Fobie</strong><br />

sviluppo di un disturbo da attacchi di panico ma anche la possibilità di ridurre<br />

il rischio di sviluppo di altre psicopatologie come i disturbi ansiosi,<br />

depressione e abuso di sostanze.<br />

Sia nel disturbo di panico che nell’agorafobia senza panico si ha una elevata<br />

percentuale di comorbidità depressiva, che varia a seconda dei criteri<br />

diagnostici utilizzati.<br />

La contemporanea presenza di depressione implica necessariamente una<br />

valutazione diff e renziale in quanto la presenza di depressione maggiore ne<br />

determina la priorità terapeutica, mentre una depressione secondaria alla fobia<br />

trarrà giovamento anche solo dal trattamento e guarigione di quest’ultima.<br />

Passando al raffronto fra panico e agorafobia, uno studio di Angst et al.<br />

(1986) segnala la prevalenza dell’agorafobia nel corso di 1 anno pari al 6%<br />

rispetto lo 0,7% del panico con agorafobia; mentre in altri studi, la prevalenza<br />

dell’agorafobia nel corso della vita risulta del 1,4-6,6% rispetto al panico<br />

con agorafobia, i cui valori variano dal 1,7 al 2,6%; inoltre, la percentuale di<br />

agorafobia senza attacchi di panico si aggirerebbe attorno il 50-66% dei casi.<br />

Vi sarebbe quindi una errata valutazione delle percentuali di associazione<br />

fra i due disturbi dovuta alla presenza di campioni selezionati di soggetti<br />

che richiedono aiuto e/o che partecipano a studi clinici.<br />

Il panico quindi può essere presente in tutti i disturbi fobici ma i pazienti<br />

non lo identificano quale causa del disturbo pur evidenziandone l’effetto<br />

invalidante, e solamente il caso in cui il panico viene riconosciuto dai soggetti<br />

come primario può rientrare nella diagnosi di disturbo di panico.<br />

L’agorafobico chiede aiuto altrui perché teme di stare male o di non essere<br />

in grado di affrontare la situazione, l’oggetto della paura non è il panico<br />

ma la “possibilità” di stare male e non ricevere aiuto, mentre nel panico la<br />

focalizzazione dell’attenzione è primariamente orientata sui sintomi fisici e<br />

sul timore delle loro conseguenze o della morte.<br />

Altri fattori sono stati associati all’agorafobia come l’iperprotezione genitoriale<br />

nel corso dell’infanzia, la dipendenza affettiva, la presenza di difficoltà<br />

famigliari, la presenza dei disturbi di personalità dipendente ed evitante,<br />

la fobia scolastica e la depressione.<br />

Per Bowlby (1973) l’agorafobico è caratterizzato da un attaccamento<br />

ansioso e dalla mancanza di una relazione affettiva sicura e ciò si esprimerebbe<br />

nell’ansia di separazione.<br />

Goldstein e Chambless (1978) proposero l’agorafobia come espressione<br />

della paura della paura e conseguente alla preoccupazione di avere un attacco<br />

di panico più che il timore dei luoghi in sé.<br />

Secondo Beck & Emery (1985) i soggetti con panico interpretano le sensazioni<br />

fisiche e psichiche come catastrofiche mentre gli agorafobici attribuiscono<br />

gli attacchi di ansia o panico a situazioni esterne; per Clark (1985) invece<br />

gli stimoli interni od esterni vengono percepiti ed interpretati come peri-<br />

56 Caleidoscopio

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