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<strong>Gianni</strong> <strong>Savron</strong> <strong>Le</strong> <strong>Fobie</strong><br />
nali quali fattori di mantenimento dei disturbi stessi ed uno dei metodi frequentemente<br />
utilizzati per l’indagine è rappresentato dal Test di Stroop<br />
(1935), che cerca di mettere in evidenza l’interferenza esistente nell’elaborazione<br />
di informazioni incongruenti.<br />
In breve, nel test di Stroop modificato, ai soggetti viene assegnato il compito<br />
di nominare il colore con il quale sono scritte delle parole a contenuto<br />
ansioso (pazzia, morte, malattia, ecc.) o neutre (sedia, ombrello, penna, ecc.)<br />
proiettate sullo schermo, senza porre attenzione al loro significato; il tempo<br />
impiegato nell’eseguire il compito, mentre il soggetto analizza lo stimolo,<br />
viene considerato un indicatore della tendenza elaborativa del soggetto.<br />
Il presupposto teorico implica che i distrattori (parole a contenuto minaccioso)<br />
interferiscano maggiormente nell’elaborazione dell’informazione in<br />
soggetti ansiosi piuttosto che in soggetti normali di controllo.<br />
E’ stato dimostrato che questa interferenza è presente in pazienti con<br />
disturbo di panico, disturbo ansioso generalizzato, fobia sociale, fobia semplice<br />
e disturbo post-traumatico da stress; tali dati, sono stati interpretati<br />
attribuendo ai pazienti ansiosi, rispetto i controlli, una maggiore attenzione<br />
selettiva verso stimoli a significato minaccioso (Dalgleish & Power, 1999).<br />
Al riguardo, Mac<strong>Le</strong>od et al. (1986) fecero un esperimento in cui ai soggetti<br />
venivano presentate su un display una coppia di parole, una a significato<br />
minaccioso e l’altra neutra e successivamente una sonda visiva veniva presentata<br />
casualmente nella posizione di una parola stimolo o l’altra.<br />
Gli autori trovarono una latenza di risposta più breve nei soggetti ansiosi<br />
quando la sonda appariva nella stessa zona delle parole minacciose, mentre,<br />
i soggetti di controllo erano più lenti nel rispondere quando essa appariva<br />
in prossimità delle parole minacciose.<br />
Ciò supporta la tendenza dei soggetti ansiosi a porre l’attenzione selettiva<br />
a stimoli a significato minaccioso.<br />
Williams et al. (1988) proposero l’ipotesi che i diversi disturbi emotivi<br />
avessero differenti tendenze cognitive e l’ansia si caratterizzasse per un processo<br />
preattentivo non cosciente ed una attenzione selettiva verso parole a<br />
contenuto minaccioso; questa particolatre sensibilità/vigilanza agli stimoli<br />
minacciosi rifletteva la vulnerabilità cognitiva all’ansia stessa.<br />
In un’altra serie di esperimenti, pazienti con disturbi ansiosi tendevano<br />
ad interpretare le situazioni ambigue come minacciose, e studi successivi<br />
hanno posto in rilievo che soggetti con elevata ansia “tratto” fossero a rischio<br />
di sviluppare disturbi ansiosi (Zimbarg et al., 1992).<br />
Altri autori hanno tuttavia suggerito una spiegazione alternativa, e cioè<br />
che i soggetti ansiosi pur analizzando i distrattori a significato minaccioso<br />
allo stesso modo dei controlli esperissero invece una maggiore sensazione<br />
negativa che ne peggiorava le performance.<br />
Così i soggetti che hanno la tendenza di essere costantemente attenti alla<br />
26 Caleidoscopio