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<strong>Gianni</strong> <strong>Savron</strong> <strong>Le</strong> <strong>Fobie</strong><br />
do aiuto; ma facendo ciò egli determina un ulteriore effetto in quanto previene<br />
e disconferma la sua paura di collassare, ma rinforza la sua interpretazione<br />
minacciosa e negativa dei sintomi (Salkovskis e Hackmann, 1997).<br />
La paura di perdere il controllo si associa al tentativo di controllo, per cui<br />
una analisi cognitiva implica l’analisi di cosa il paziente stia evitando, piuttosto<br />
che la valutazione della situazione specifica che determina il sollievo<br />
dall’ansia.<br />
La ricerca di sicurezza, mediante l’evitamento, ha l’effetto immediato di<br />
dare la sensazione di sicurezza dalla minaccia potenziale o reale ma paradossalmente<br />
ne determina anche la sua conferma.<br />
Al contrario, l’esposizione alla situazione temuta, riuscendo a tollerare la<br />
sintomatologia che si determina, convalida da un lato la capacità della persona<br />
di affrontare la situazione, e dall’altro conferma la non pericolosità delle<br />
conseguenze ansiose/sintomatologiche, rappresentando in seguito l’alternativa<br />
comportamentale meno stressante per il soggetto.<br />
Queste considerazioni dimostrano quanto i significati impliciti e le affermazioni<br />
personali influenzino i comportamenti di ciascuno, e permettono<br />
anche di comprendere i passaggi graduali che hanno con<strong>dott</strong>o alle varie strategie<br />
terapeutiche, dalla desensibilizzazione sistematica, al flooding (inondazione)<br />
ed infine all’esposizione graduale: queste tecniche infatti inducono<br />
una modificazione cognitiva-comportamentale.<br />
Salkovskis e Hackmann (1997) ritengono che i trattamenti che enfatizzano<br />
l’apprendimento del controllo del panico e dei sintomi connessi ad esso,<br />
come il rilassamento o esercizi respiratori, in realtà inducono le persone a<br />
diventare vigili nel timore di avere un attacco di panico, e che tali trattamenti<br />
portino alla sensibilizzazione della minaccia, quindi ad un comportamento<br />
di ricerca di sicurezza ed evitamento piuttosto che di coping (abilità), mantenendo<br />
così l’agorafobia piuttosto che ridurla.<br />
<strong>Le</strong> strategie cognitive antipanico risultano efficaci solo se i sintomi esperiti<br />
vengono interpretati come innocui, e dato che la terapia suggerisce che<br />
l’ansia sia la diretta conseguenza della valutazione di minaccia, la modificazione<br />
delle opinioni rappresenta la chiave del miglioramento.<br />
Ovviamente ciò deve avvenire all’interno di una rete di concettualizzazioni<br />
che inducano una modificazione del comportamento; l’esposizione<br />
comportamentale (evitando l’evitamento) invece, permette di verificare che<br />
ciò che si teme non avviene.<br />
Nei vari studi controllati i tipi di trattamento risultati più efficaci sono la<br />
terapia cognitiva e l’esposizione.<br />
Queste, hanno riportando minori ricadute al follow-up sia in associazione<br />
farmacologica che in raffronto alla sola farmacoterapia e le percentuali di<br />
efficacia della terapia cognitiva-comportamentale risultano pari al 45%-94%<br />
dei casi, a seconda della tecnica utilizzata (Barlow, 2002).<br />
60 Caleidoscopio