McLaren P1 La F1 del XXI secolo Testo: Georg Kacher I Foto: Charlie Magee Ha l’aspetto di una macchina terribilmente complicata? Lo è veramente. L’aerodinamica attiva corregge di continuo la deportanza, all’anteriore e al posteriore 54 SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it
Cover Story Le ipersportive del 2014 Un salto indietro nel 1992. Alla vigilia del Gran Premio di Monaco, il boss della McLaren Ron Dennis presenta pubblicamente la F1, una coupé dall’effetto suolo unico che sta per riscrivere le regole delle supersportive. Perfino accanto alle minimaliste monoposto pilotate da Senna e Berger, la scheggia argentata sembra stramba ed estrema. Un’occhiata alla scheda tecnica confermava i peggiori incubi dei concorrenti: scocca e telaio in fibra di carbonio, peso a vuoto di 1.140 kg, propulsore BMW V12 da 627 cv finemente elaborato, 0-100 in 3,4 secondi, velocità massima 392 km/h, niente ABS, niente controllo di trazione né servosterzo o airbag. Quattro ruote di cristallino terrore ad un oltraggioso prezzo di circa 1,6 miliardi di lire (850.000 Euro). Nel 2012, al salone di Parigi Don Ron mise le mani per la seconda volta sulla corona delle supercar quando strappò i veli da un proiettile arancione metallizzato con la sigla P1. Di nuovo, una lista di eccellenze fece il suo giro: sistema ibrido con potenza complessiva elargita di 916 cv, massa a vuoto di 1.359 kg, monoscocca in carbonio, sospensioni modulabili e aerodinamica attiva, 0-100 in 2,8 secondi, picco di velocità limitata a 350 km/h, consumo medio 12 km/l, unità in commercio limitate a 375 e prezzo di 1,1milioni di Euro. Furono tutte ordinate in un baleno, quindi trovarne qualcuna libera è raro. Ma oggi, fresco d’avventura con la 918, mi ci ritrovo dietro al volante a casa mia. La P1 è una due posti ma condivide certi segni essenziali con la F1: la prominente linea ossuta che definisce il profilo laterale, l’iconica calotta a cuneo, l’affascinante omogeneità di miscela tra brutali elementi da corsa e incantevoli movenze da passerella. “L’elemento concettuale di svolta della F1 era il sedile di guida accentrato” ricorda Dick Glover, direttore della ricerca alla McLaren. “Quello che rende tanto speciale la P1 è la capacità di trasformarsi da supercar per uso quotidiano a macchina da corsa senza compromessi al tocco di un pulsante”. Contrariamente alla F1, della quale vennero realizzati appena 106 esemplari, la P1 è parte di una famiglia. Il fondo scocca del telaio Monocage, il passo e la carcassa di base sono identici a quelli della 650S e della P13 nel modello base, in programma per il 2015. Malgrado tali comunanze, la P1 ingloba numerosi attributi peculiari. “Le qualità dinamiche del veicolo sono in generale determinate da due tratti complementari”, fa osservare il capo designer Dan Parry-Williams. “Mi riferisco all’interazione fra le sospensioni idro-pneumatiche, che noi chiamiamo RaceActive Chassis Control, e l’Active Aerodynamic Control, che corregge di continuo la deportanza anteriore e posteriore. Il coefficiente Cx varia da 0.34 e 0.40 sulla base dell’angolo e della posizione dello spoiler di coda. Quando il guidatore aziona il tasto DRS, l’effetto-suolo viene ridotto del 40% a beneficio di una velocità più elevata”. Basta parlare. Non riesco a trattenere la smania di fiondarmi in questa onnipotente picchiattrice per ascoltarla, sentirla, sudarmela e strofinarmela addosso di persona. L’accesso alla P1 può essere un compito laborioso, forse meno che su di una DTM o su una Ariel Atom, ma comunque potrebbero facilitare la procedura per chi non ha ossa di gomma e arti snodabili. Sebbene la volumetria della cellula passeggeri non sia eccesivamente ristretta, il magro sedile avvolgente ultraleggero a pezzo unico legittima il timbro sadomaso in oro, la visibilità del retro passa attraverso due piccoli P1: l’altra opinione Non ho ancora guidato la LaFerrari o la 918. Sono sicuro che siano delle meraviglie da far impazzire. Ma non posso credere che facciano impazzire in maniera così totale come la P1, che ho da poco saggiato in Bahrain su strada e su pista. Né posso pensare che siano altrettanto saettanti su un circuito da corsa. Il motivo è che l’esclusiva modalità Race della McLaren, che avvicina la vettura all’asfalto di 50 mm, fa estendere la gigantesca ala posteriore e dà all’auto uno sconvolgente effetto deportante. La P1 viene calamitata al tracciato, la sua forza a terra fornisce un grip incredibile e sicurezza di guida, non importa la velocità folle a cui ci si fa trasportare. Ciò non rende la P1 una macchina migliore della Ferrari o della Porsche, naturalmente. Né la fa più sfrecciante e più composta su strada, dove la configurazione Race è illegale. Però, cavolo, è un’arma da circuito. Il che ci fa chiedere: chi mai al mondo sente la necessità di una P1 GTR? GAVIN GREEN SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it 55