Strano tessuto del cruscotto, sedili avvolgenti in carbonio e una leva del cambio incredibilmente lunga Classico abitacolo Porsche, con in più la strumentazione per la ripartizione della coppia alla trasmissione e della pressione degli pneumatici Se questo fosse un semplice concorso di bellezza, la goffa 959 non avrebbe alcuna chance 76 SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it
Grazie a: peter bullard, per la ferrari f40. specialist cars di malton per la 959 degli pneumatici che il suono a mitragliatrice che le pietruzze ed i detriti in gomma fanno contro il grosso e piatto pianale (la maggior parte della carrozzeria della F40 è in un composito rinforzato in kevlar). Ah, e questi cambi di marcia in punta-tacco! Tante Case automobilistiche oggi non sanno neanche cosa sia, e probabilmente non gliene potrebbe fregare di meno. Ma Ferrari lo sa, ed il modo in cui si può far perno con la pianta del piede destro dal pedale del freno per poi pizzicare il gas nelle scalate, il tutto accompagnato da un ringhio dal V8, è qualcosa di veramente magico. Ventisei anni dopo la F40 è ancora fantastica. A dire il vero, con l’ammorbidirsi delle auto stradali moderne, per abituarsi ai boulevard d’alta società di Pechino o Beverly Hills, la F40 con tutti i suoi pregi e difetti mi sembra ancor meglio di come me la ricordavo; una supercar che fa categoria a parte. La 959 è una bestia del tutto diversa. L’abitacolo è avvolto in pelle, invecchiato molto bene nell’auto che abbiamo noleggiato, ed i tappetini sono normali. Ci sembra un po’ prosaica all’interno, come una 911 alla quale è stata aggiunta la strumentazione necessaria per tenere sotto controllo le innovazioni tecnologiche in più, fra cui la ripartizione della coppia e la pressione degli pneumatici. Queste sono tutte aggiunte che oggi sono comuni nelle vetture sportive ad alte prestazioni, ma erano novità assolute nel 1986 quando iniziò la produzione della 959. Il motore ha l’adorabile e classico grido tipico dei sei cilindri Porsche, col biturbo che fischia quando aumentano i giri. I controlli sono morbidi come la seta e facili da utilizzare. È un’auto veloce, ma gli manca la spigolosità e l’eccitazione nervosa della F40, in parte anche per colpa del maggior peso (quasi 300 kg in più). È anche più docile alle alte velocità in pista: c’è rollio, condiscendenza ed anche un pizzico di sciatteria. La F40 è più veloce, più emozionante, più impaziente. Purtroppo poi, non ho Georg Kacher al mio fianco oggi, a differenza del 1988. Gli faccio uno squillo e scopro che, per puro caso, anche lui ha riprovato di recente sia la 959 che la F40. La sua conclusione: “Quando guidi una 959 oggi ti sembra come di stare al volante di un qualcosa che è simile, ma chiaramente inferiore ad una Carrera 4. La F40 invece continua a darci la sensazione di guidare la carrozza del Demonio in persona, una delle vetture più entusiasmanti mai costruite”. Un aneddoto legato a quel test comparativo del 1988? “Ho portato la 959 da Stoccarda, ed ero terrorizzato che qualcuno me la rubasse durante il viaggio. Per cui, nella via di ritorno, ci dormii dentro”. Oggi come oggi, siamo d’accordo che la F40 è la vettura più impressionante, ed anche di molto. Eppure quando un’auto rappresenta l’ultimo esponente di una grande razza, quella della Berlinetta rosso sangue senza compromessi, e gli mettiamo contro il primo esemplare di un genere moderno più conosciuto, tutto questo pregiudizio a favore della bestia vecchio stile è probabilmente una cosa naturale. La F40 è stata l’ultimo baluardo di un’era ormai passata, e gran parte della sua magia deriva anche dal suo stile drammatico. La 959 rappresenta invece il titano tecnologico, il precursore di una nuova generazione: il capo branco a cui tutte le supercar seguenti devono rendere omaggio. È la vettura più importante, anche se, con gli occhi di oggi, è anche la meno speciale. La Honda NSX ristabilì le regole, facendo migliorare tutte le altre supercar LA Honda NSX distrusse il misticismo attorno alle supercar. Secondo i luoghi comuni di allora, dovevano essere vetture veloci, dal carattere obbligatoriamente capriccioso, crepitante, con una spiccata predisposizione nel guastarsi, difficili da guidare e che necessitavano di parecchia forza fisica per essere manovrate. In sostanza, automobili macho dedicate solo ai piloti maschi alfa. Le italiane, che avevano il maggior fascino mistico, erano quelle che tipicamente proponevano il compromesso migliore. Poco dietro venivano le supercar britanniche – Aston Vantage, Esprit Turbo. Le tedesche solitamente erano più affidabili ma anche loro avevano le loro stranezze, fra cui la tendenza della Porsche 911 a sbandare scodinzolando col posteriore. Quando ciò avveniva, era tutto tranne che il miglior amico dell’uomo. L’Honda NSX cambiò questo preconcetto. In vendita verso la fine degli anni ‘80, fu l’esatto contrario di molte delle sue folli contemporanee del Gruppo B. Solo la Porsche 959 gli assomigliava, anche se costava quattro volte di più. La NSX era facile da guidare, teneva bene la strada, era dotata di Speciale Storia delle <strong>Supercar</strong> buona visibilità e allo stesso tempo riusciva ad andare veloce quanto le Ferrari di quel periodo (l’imperfetta 348) pur avendo anche una maneggevolezza maggiore. In più, era anche finemente avvolta da una seducente monoscocca in alluminio e vantava delle sospensioni in lega forgiata. Le Ferrari, al contrario, erano tutt’al più costruite in prosaici tubi d’acciaio, coi pannelli anch’essi in acciaio saldati fra loro. Per aggiungere carne al fuoco, Ayrton Senna, che vinse tutti e tre i titoli mondiali sfruttando motori Honda, ebbe anche un ruolo nel suo sviluppo. Fu anche disponibile con cambio automatico, per accattivarsi gli americani, anche se era meglio evitare quella versione. La NSX ebbe un’enorme influenza. Una volta infranto il tabù, anche le Ferrari divennero più affidabili, più utilizzabili nell’uso quotidiano e migliorarono pure in qualità di costruzione. Le Porsche riuscirono gradualmente ad ammaestrare la loro guidabilità imprevedibile. Anche le Lamborghini offrirono occasionalmente delle auto affidabili. Grandi supercar adatte all’uso di tutti i giorni, come la Audi R8, furono proprio ispirate dall’epocale lezione impartita dalla NSX. GAVIN GREEN Facile da guidare, affidabile, piena di tecnologie e veloce come una Ferrari. Dopo la NSX le supercar non furono mai più le stesse