Georg vs 918: “La zona piedi è un’opprimente camera delle torture per la mia zampa schiacciaacceleratore taglia 46 e la mia fettona abbattifreno” Georg vs P1: “Il sedile da corsa è un arnese ancor più aderente di un paio di mutande elasticizzate” Conclusioni Le prove che Georg non scorderà mai 62 SETTEMBRE 2014 I CAR-MAGAZINE.it
Ebbene, qualche guida l’ho depositata in cassaforte. Al di là delle due maledizioni dovute al tempo cattivo e all’incompatibilità della mia ossatura con le moderne supersportive, mi ritengo un privilegiato, in pochi potranno fare quello che ho potuto io. Ma potrebbe darsi che la sola cosa più straordinaria di stare al volante di tali autovetture, sia il compito di riassumerne le prerogative. Le supercar di ultima generazione testate qui sono state immaginate per contrastare le emissioni di CO2: i giganti dell’industria automobilistica sportiva (McLaren, Porsche, Ferrari) hanno scelto le loro portabandiera per dimostrare il desiderio di arrivare a quella finalità. È un’enorme mutazione di prospettive, e la 918 ha giocato le sue carte meglio delle altre due. Sennonché affiora pure un altro aspetto: con l’adozione sempre più invasiva di tecnologia d’avanguardia, le auto contemporanee rischiano di diventare sempre più digitali e meno emozionali. Serve un equilibrio tra le sensazioni analogiche che le sportive passate ci facevano amare e le opportunità tecnologiche in arrivo di qui a breve. A parte ciò, queste macchine non infliggono immagini paurose nei nostri occhi, come fece la F40. Mi sono allontanato dalla fiera dipinta di rosso dopo otto ore di pioggia, a capo chino e spalle incurvate, somigliando a un topo bagnato e sentendomi come un cretino che non ha saputo rendere giustizia ad un capolavoro ingegneristico. Ma l’umore tracolla quando il terreno di sfida continua a riempirsi di acqua, quando l’aderenza su strada e su pista è anche più bassa della pur misera temperatura atmosferica, quando tutti gli sguardi sono sull’uomo la cui missione prevede sovrasterzi da tenere a freno, sottosterzi da aquaplaning e ostentare scivolate anomale a beneficio del teleobiettivo. Nel giorno del mio incontro con la LaFerrari, 400 cv sarebbero stati sufficienti a farmi impennare la pressione sanguigna. Ma il V12 non ha mancato di impressionarmi con 800 cavalli di cover story Le ipersportive del 2014 forza bruta e 700 Nm di coppia. Per non menzionare la quasi silente persistenza elettrica che è incline a issare un extra di 163 cv. Uno potrebbe apprezzare la sferzante progressione derivante dalla coalizione degli apparati in un ambiente aperto tipo la spianata salata dello Utah, ma quel giorno, a Maranello, la LaFerrari e il suo pavido compagno non hanno colpito duro come avrebbero dovuto. No, il problema non è stata la mancanza di ambizione. È indubbio, però, che è venuta a galla una netta discrepanza di abilità. Sono stato il primo giornalista a mettere alla frusta la 918 Spyder sui sentieri di campagna, nei centri urbani, lungo le autostrade e sull’Autodromo di Valencia, coprendo un totale di oltre 1.600 chilometri in tutte le situazioni climatiche, dalle grandinate alla neve, dalle tempeste d’acqua al sole a picco. I tre giorni di viaggio mi hanno insegnato parecchio sul recupero energetico, sulla ricarica in marcia, sui cavi elettrici incrostati di sporcizia e sulla trazione quasi troppo complicata per essere vera. Sulle autobahn tedesche, questa Porsche è praticamente invincibile. Il suo prestigio superiore spazza la corsia di sorpasso come una bacchetta magica, l’accelerazione scalcia-sedere al di sopra dei 250 km/h non cessa mai di sgomentare, la tenuta di strada e l’effetto frenante aprono la via per un nuovo universo di leggi dinamiche. Ma non appena entrano in vigore i limiti di velocità, la Spyder viene ridotta ad auto sportiva rumorosa, nervosa e non particolarmente confortevole, che sembra denunciare il sottoimpiego delle sue intrinseche qualità. C’è poco da dubitare che il vero dominio della 918 sia il circuito da gara. Il suo tempo sul giro di 6:57 min al Nordschleife ha ammutolito la concorrenza, il nostro primo contatto ravvicinato sull’impianto di prova di Lipsia è stato un evento da occhi sbarrati, e sul tracciato di Valencia questa sportiva comunicativa e benigna si è comportata come la creta nelle mani di uno scultore. Con 2,6 secondi sullo 0- 100, riesce addirittura a vincere la triplice sfida sul cronometro, un ottimo risultato in mezzo a questa illustre compagine. Allo stesso modo della LaFerrari, la McLaren P1 Queste auto sono molto più che un’eccitante gradazione del concetto di “veloce”. Contano il senso di tempestosità e gli atteggiamenti, non i numeri Georg vs LaFerrari: “Il solo modo che ho di guidarla è senza l’imbottitura del sedile