14.10.2014 Views

Supercar

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Ebbene, qualche guida l’ho<br />

depositata in cassaforte. Al di là delle due<br />

maledizioni dovute al tempo cattivo e<br />

all’incompatibilità della mia ossatura con le<br />

moderne supersportive, mi ritengo un<br />

privilegiato, in pochi potranno fare quello<br />

che ho potuto io. Ma potrebbe darsi che la<br />

sola cosa più straordinaria di stare al volante di tali<br />

autovetture, sia il compito di riassumerne le prerogative.<br />

Le supercar di ultima generazione testate qui sono state<br />

immaginate per contrastare le emissioni di CO2: i giganti<br />

dell’industria automobilistica sportiva (McLaren, Porsche,<br />

Ferrari) hanno scelto le loro portabandiera per dimostrare il<br />

desiderio di arrivare a quella finalità. È un’enorme mutazione<br />

di prospettive, e la 918 ha giocato le sue carte meglio delle<br />

altre due. Sennonché affiora pure un altro aspetto: con<br />

l’adozione sempre più invasiva di tecnologia d’avanguardia, le<br />

auto contemporanee rischiano di diventare sempre più<br />

digitali e meno emozionali. Serve un equilibrio tra le<br />

sensazioni analogiche che le sportive passate ci facevano<br />

amare e le opportunità tecnologiche in arrivo di qui a breve.<br />

A parte ciò, queste macchine non infliggono immagini<br />

paurose nei nostri occhi, come fece la F40.<br />

Mi sono allontanato dalla fiera dipinta di rosso dopo otto<br />

ore di pioggia, a capo chino e spalle incurvate, somigliando a<br />

un topo bagnato e sentendomi come un cretino che non ha<br />

saputo rendere giustizia ad un capolavoro ingegneristico. Ma<br />

l’umore tracolla quando il terreno di sfida continua a riempirsi<br />

di acqua, quando l’aderenza su strada e su pista è anche più<br />

bassa della pur misera temperatura atmosferica, quando tutti<br />

gli sguardi sono sull’uomo la cui missione prevede sovrasterzi<br />

da tenere a freno, sottosterzi da aquaplaning e ostentare<br />

scivolate anomale a beneficio del teleobiettivo. Nel giorno del<br />

mio incontro con la LaFerrari, 400 cv sarebbero stati<br />

sufficienti a farmi impennare la pressione sanguigna. Ma il<br />

V12 non ha mancato di impressionarmi con 800 cavalli di<br />

cover story<br />

Le ipersportive del 2014<br />

forza bruta e 700 Nm di coppia. Per non menzionare la quasi<br />

silente persistenza elettrica che è incline a issare un extra di<br />

163 cv. Uno potrebbe apprezzare la sferzante progressione<br />

derivante dalla coalizione degli apparati in un ambiente<br />

aperto tipo la spianata salata dello Utah, ma quel giorno, a<br />

Maranello, la LaFerrari e il suo pavido compagno non hanno<br />

colpito duro come avrebbero dovuto. No, il problema non è<br />

stata la mancanza di ambizione. È indubbio, però, che è<br />

venuta a galla una netta discrepanza di abilità.<br />

Sono stato il primo giornalista a mettere alla frusta la 918<br />

Spyder sui sentieri di campagna, nei centri urbani, lungo le<br />

autostrade e sull’Autodromo di Valencia, coprendo un totale<br />

di oltre 1.600 chilometri in tutte le situazioni climatiche, dalle<br />

grandinate alla neve, dalle tempeste d’acqua al sole a picco. I<br />

tre giorni di viaggio mi hanno insegnato parecchio sul<br />

recupero energetico, sulla ricarica in marcia, sui cavi elettrici<br />

incrostati di sporcizia e sulla trazione quasi troppo complicata<br />

per essere vera. Sulle autobahn tedesche, questa Porsche è<br />

praticamente invincibile. Il suo prestigio superiore spazza la<br />

corsia di sorpasso come una bacchetta magica, l’accelerazione<br />

scalcia-sedere al di sopra dei 250 km/h non cessa mai di<br />

sgomentare, la tenuta di strada e l’effetto frenante aprono la<br />

via per un nuovo universo di leggi dinamiche. Ma non appena<br />

entrano in vigore i limiti di velocità, la Spyder viene ridotta ad<br />

auto sportiva rumorosa, nervosa e non particolarmente<br />

confortevole, che sembra denunciare il sottoimpiego delle sue<br />

intrinseche qualità. C’è poco da dubitare che il vero dominio<br />

della 918 sia il circuito da gara. Il suo tempo sul giro di 6:57<br />

min al Nordschleife ha ammutolito la concorrenza, il nostro<br />

primo contatto ravvicinato sull’impianto di prova di Lipsia è<br />

stato un evento da occhi sbarrati, e sul tracciato di Valencia<br />

questa sportiva comunicativa e benigna si è comportata come<br />

la creta nelle mani di uno scultore. Con 2,6 secondi sullo 0-<br />

100, riesce addirittura a vincere la triplice sfida sul<br />

cronometro, un ottimo risultato in mezzo a questa illustre<br />

compagine. Allo stesso modo della LaFerrari, la McLaren P1<br />

Queste auto sono molto più che un’eccitante<br />

gradazione del concetto di “veloce”. Contano il senso<br />

di tempestosità e gli atteggiamenti, non i numeri<br />

Georg vs LaFerrari:<br />

“Il solo modo che<br />

ho di guidarla è<br />

senza l’imbottitura<br />

del sedile

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