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IL MARCHESE D’ARCAIS, UN SIGNORE SGRADITO<br />
Maria Lepori<br />
Università di Cagliari<br />
105<br />
Nel 1767 don Damiano Nurra, il noto appaltatore di peschiere e di tributi regi,<br />
divenne marchese d’Arcais, signore di terre e di vassalli. Nonostante un antico<br />
privilegio che doveva garantirne l’unione perpetua alla Corona, 1 dopo quasi tre<br />
secoli il marchesato d’Oristano venne smembrato dal patrimonio regio, cambiò<br />
nome e l’enorme complesso di 28 villaggi e 20.000 abitanti fu costituito in<br />
marchesato d’Arcais. Da allora i vassalli rurali non avrebbero dovuto confrontarsi<br />
con i tradizionali amministratori regi e, fin dal primo momento, fu chiaro<br />
che i rapporti con il neofeudatario non sarebbero stati pacifici.<br />
In quegli anni Sessanta, don Damiano non fu il solo a godere d’una repentina<br />
promozione sociale che lo collocò tra la più prestigiosa nobiltà del Regnum<br />
Sardiniae: una serie d’infeudazioni esaurì quasi completamente il patrimonio<br />
regio e anche Salvatore Lostia, Antonio Todde e Franceso Fulcheri divennero<br />
signori, conti e marchesi. 2<br />
La scelta del ministro Bogino di dar fondo ai possedimenti della Corona potrebbe<br />
sembrare in contrasto con il suo progetto di forte contenimento dello ‘strapotere’<br />
feudale che, a Cagliari e a Torino, impegnava funzionari sardi e piemontesi. 3 In<br />
verità, tra i propri obiettivi, la politica riformatrice sabauda di quegli anni non con-<br />
1 Sull’incorporazione del marchesato di Oristano tra i beni della Corona, a seguito di un lungo<br />
scontro tra i bandos dei Carroz e degli Alagon negli anni Settanta del Quattrocento, e sull’impegno<br />
sovrano a garantirne per il futuro il diretto dominio regio, cfr. B. ANATRA, Dall’unificazione<br />
aragonese ai Savoia, inJ.DAY, B.ANATRA, L.SCARAFFIA, La Sardegna medioevale e moderna,<br />
in Storia d’Italia, diretta da G. Galasso, UTET, Torino 1984, vol. X, pp. 371-380.<br />
2 Su questi nuovi casati cfr. F. FLORIS, Feudi e feudatari in Sardegna, Edizioni Della Torre, Cagliari<br />
1996, pp. 457, 465-68 e 667.<br />
3 Sulla politica di riforme del ministro Bogino, il parere degli storici è tutt’altro che concorde. Per<br />
una sua rivalutazione rispetto al quadro che ne offrivano G. SOTGIU (Storia della Sardegna sabauda,<br />
Laterza, Roma-Bari 1984), C. SOLE (La Sardegna sabauda nel Settecento, Chiarella, Sassari<br />
1984) e L. SCARAFFIA (La Sardegna sabauda, inJ.DAY,B.ANATRA, L.SCARAFFIA, La Sardegna<br />
medioevale e moderna cit., pp. 665-829), cfr. G. RICUPERATI, Il riformismo sabaudo settecentesco<br />
e la Sardegna. Appunti per una discussione, in «Studi storici», 27 (1986), pp. 57-92, ora in ID., I<br />
volti della pubblica felicità. Storiografia e politica nel Piemonte settecentesco, Meynier, Torino<br />
1989, pp. 157-202; A. GIRGENTI, La storia politica delle riforme,inM.GUIDETTI (a cura di), Storia<br />
dei Sardi e della Sardegna, vol. IV, L’Età Contemporanea. Dal governo piemontese agli anni<br />
sessanta del nostro secolo, Jaca Book, Milano 1989, pp. 175-213; E. VERZELLA, L’età di Vittorio<br />
Amedeo III in Sardegna: il caso dell’Università di Sassari, in «Annali della Fondazione Luigi<br />
INSULA, num. 1 (giugno <strong>2007</strong>) 105-130