Revista Insula núm 1. Juny 2007

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22 Joan Armangué i Herrero nella loro cancelleria. 43 La catalanità dei Bas, a partire dall’anno 1192, è dimostrata anche dall’uso dei pali catalani, posteriormente rappresentati a fianco dell’albero sradicato, proprio dello scudo di Arborea. Vale la pena sottolineare che il matrimonio diAgalbursa di Bas con Barisone I di Arborea coincise con quella che è stata chiamata l’epoca alfonsina della lirica provenzale: la corte di Alfonso I, cugino di Agalbursa, fu frequentata dai più importanti trovatori provenzali, proprio quando, seguendo l’esempio del monarca, nascevano i primi trovatori catalani. Conseguentemente, tanto la lingua quanto i concetti propri della letteratura provenzale risultavano familiari ai ceti nobili catalani stabilitisi nell’Arborea. Non dobbiamo dimenticare, inoltre, che a partire dal 1166, dopo la morte del cugino Ramon Berenguer II, Alfonso I venne nominato marchese di Provenza, iniziando così una politica basata su patti stipulati con i nobili provenzali. Il re trovatore fino alla sua morte – avvenuta nel 1196 – fu anche sovrano di un seguito di trovatori provenzali con i quali si incontrò spesso a Marsiglia. È interessante aggiungere che Ponç Hug IV, conte di Empúries – fratello del visconte di Bas, e pertanto discendente dei procuratori in Catalogna dei giudici diArborea –, scrisse due strofe in provenzale indirizzate a Federico III di Sicilia. 44 Prima della conquista catalana, i giudicati sardi potrebbero essere entrati in contatto con la cultura trovadorica anche attraverso i rapporti culturali con la Provenza. In primo luogo non è da trascurare un eventuale contatto di tipo commerciale tra la Provenza e l’isola. Durante l’ultimo terzo del secolo XI, questo rapporto sarebbe culminato con la concessione ai benedettini di San Vittore di Marsiglia di diverse chiese nel Giudicato di Calari. Sebbene la presenza dei vittorini – di formazione fondamentalmente latina – non sia necessariamente indicativa della penetrazione di forme letterarie d’origine provenzale in Sardegna, si deve però tener conto che tutte le concessioni di cui si beneficiò nei Giudicati di Calari, di Torres e di Gallura non si potrebbero spiegare senza valutare il fatto che queste costituivano una conseguenza – come scrive D. Scano – «di larghe influenze antecedenti fra la Sardegna ed i paesi costieri della Francia Meridionale». «I centri monastici e la loro influenza nel medio evo – continua Scano – sono stati sempre preceduti da un largo movimento di scambi». 45 43 F.C. CASULA, Influenze catalane nella cancelleria giudicale arborense del sec. XII: i sigilli, in Studi di paleografia e diplomatica, Padova 1974, p. 113. 44 S. SOBREQUES, Els barons de Catalunya cit., pp. 90-91; e M. DE RIQUER, Història de la literatura catalana, I, Barcelona 1964, p. 184. 45 D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna dal XI al XIV secolo cit., 42-43.
FORME DI CULTURA CATALANA NELLA SARDEGNA MEDIOEVALE Un altro aspetto che non si può trascurare è l’esistenza in Sardegna di circoli pisani e genovesi legati alla letteratura provenzale, soprattutto presso le famiglie dei Doria e dei Malaspina. 46 Tra i pisani ricordiamo, in particolar modo, Terramagnino di Pisa, autore del trattato Doctrina d’Acort (1280 circa), basato sulle Razos di trobar del catalano Raimon Vidal di Besalú. 47 Studiando il poeta toscano, J.H. Marshall ha affermato che si doveva trattare di un pisano residente in Sardegna, luogo in cui probabilmente egli compose la sua Doctrina. 48 Prima di ciò, Manuel de Montoliu aveva già scritto che il soggiorno di Terramagnino in Sardegna «explicaria la seva coneixença de Catalunya e dels sues poetes, puix en el temps en què es fixà a l’illa [intorno al 1250] els catalans, igual que els pisans, influïen en aquella terra». 49 4. La Sardegna nelle quattro grandi cronache catalane * Ferran Soldevila inizia il suo articolo dedicato alla Sardenya en les cròniques de Bernat Desclot i Ramon Muntaner 50 con un’affermazione lapidaria: «La [crònica] de Jaume I no conté ni una sola menció de l’illa»; e inoltre: «és digne 46 È ben noto il trovatore Percivalle Doria, podestà di Avignone (1237) e di Parma (1245), del quale ci è giunto un sirventese provenzale in onore di ManfrediI;cfr.A.FERRETO, Documenti intorno ai trovatori Percivalle e Simone Doria, «Studi Medievali», I (1904), pp. 126-15<strong>1.</strong> Per quanto riguarda i trovatori pisani e genovesi e le loro possibili relazioni con i circoli sardi si veda in particolare V. DE BARTHOLOMAEIS, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, Roma 1931, 2 voll. 47 Per quanto riguarda questo tema e quello della possibile presenza della cultura trovadorica in Sardegna si veda P. MANINCHEDDA, La storia in forma di favola e il Trobar Perdut, inSocietà e cultura nel Giudicato di Arborea e nella Carta de Logu, Atti del Convegno internazionale di studi, a cura di G. MELE, Nuoro 1995, pp. 155-170; e ID., Sui rapporti tra la poesia popolare sarda e la tradizione lirica provenzale e catalana, inLa Sardegna e la presenza catalana nel Mediterraneo cit., I, pp. 214-235. 48 J.H. MARSHALL, The ‘Razos de trobar’of Raimon Vidal and associated texts, London 1972, pp. 27-53. 49 M. DE MONTOLIU, Un escorç en la poesia i la novel·listica dels segles XIV i XV, Barcelona 1961, pp. 12-13. * Esiste una versione catalana di questo capitolo: Formes de literatura catalana a Sardenya durant el segle XIV, «Llengua & Literatura», 14 (2003), pp. 7-44. 50 Tra il 1957 e il 1962 – vale a dire mentre preparava l’edizione de Les quatre grans cròniques catalanes, Barcelona 1971 –, Ferran Soldevila dedicò due lavori, come di consueto incisivi, al ruolo che occupa in queste cronache l’isola di Sardegna: ci riferiamo agli articoli intitolati Sardegna nella Cronaca di Pietro il Cerimonioso, «Atti del VI Congresso internazionale di Studi Sardi», I, Cagliari 1957, pp. 167-178; e Sardenya en les cròniques de Bernat Desclot i Ramon Muntaner, «Archivio Storico Sardo», XXVIII (1961) [= Studi storici in onore di Ernesto Martínez Ferrando, Padova 1962], pp. 207-221; quest’ultimo articolo può essere consultato anche in F. SOLDEVILA, Cronistes, joglars i poetes, a cura di J. MOLAS eJ.MASSOT I MUNTANER, Barcelona 1996, pp. 107-12<strong>1.</strong> Si tratta di due lavori senza dubbio marginali all’interno dell’estesa produzione storiografica di Soldevila, ma, malgrado ciò, troppo poco citati dagli specialisti. Per la redazione di questo capitolo ci siamo basati sull’opera sparsa di Soldevila di tematica sardo-catalana, piuttosto che sulle note e sui commenti alle quattro cronache, note alle quali lui stesso rimandava per maggiori approfondimenti. 23
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