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Maria Lepori<br />
moni uscirono dall’abitazione di Vitto Antonio Sotto con «il forte sospetto che<br />
non rimanesse negli atti la stessa denuncia che avevano fatto, ma che la medesima<br />
si potesse cambiare e alterare». 41 La nullità delle informazioni raccolte era<br />
evidente, né giovava al marchese che un’improvvida intendenza vi avesse fondato<br />
l’investitura dei Campidani.Afavore dei vassalli militava la clausola «juribus<br />
Regi Fisci et alienibus semper salvis quibus nullum intendimus inferre<br />
prejudicium». 42<br />
A periodi alterni don Damiano era stato arrendatore dei Campidani e lo era<br />
anche al momento dell’investitura, pertanto non gli si poteva imputare ignoranza<br />
ma piuttosto malafede. Per suffragare le sue pretese di signore si era richiamato<br />
ai lontani anni Quaranta e Cinquanta, a quel periodo noto per gli abusi<br />
tollerati da don Giovanni Angelo Enna, il suddelegato patrimoniale la cui<br />
cointeressenza sotterranea e illegale negli appalti era risaputa.<br />
Soltanto allorché a questi succedette don Giuseppe Angioy, l’ufficio parve<br />
offrire maggiore garanzia di equanimità e di tutela a cittadini e vassalli. 43 Sempre<br />
attento a frenare le esuberanti iniziative feudali in materia di tributi e ad<br />
assicurare il tradizionale accesso dei singoli e delle comunità all’uso della terra,<br />
il nuovo suddelegato divenne un personaggio scomodo per il marchese, che<br />
provvide a ricusarlo come giudice «enemigo o por lo menos sospechoso». 44 Era<br />
troppo tardi, contro il primeggiare di don Damiano era montata l’ostilità di ampi<br />
settori cittadini: ricchi possidenti, nobili e cavalieri, avvocati e notai, cui<br />
l’infeudazione del contado e l’ingombrante presenza del marchese avevano sottratto<br />
le tradizionali vie di arricchimento e di ascesa sociale. Le ‘rendite civili’<br />
41 Ibid.<br />
42 Ibid.<br />
43 Allorché il marchese tentò d’incrementare i suoi introiti generalizzando tributi d’ogni sorta,<br />
don Giuseppe Angioy si schierò a difesa degli esenti, si trattasse di capitani di cavalleria o di<br />
cittadini oristanesi. Altrettanto prodigo di sostegno fu verso comunità o notabili rurali, ogni<br />
qualvolta chiesero di ampliare colture e pascoli. L’intendente generale lo consultò regolarmente<br />
prima di soddisfare o respingere tali richieste. Cfr. Autos construidos de instancia del Ill. Marques<br />
de Arcais contra Ant. Angel Cadello y Joseph Ant. Piras, capitanos de cavalleria, 1769 (ASC,<br />
Demanio Regio, Feudi, v. 63 n. 14); Autos construidos de instancia del Ill. Marques de Arcais<br />
contra varios particulares de Riola y Nuraqui, 1769 (ivi, n. 12); El marques de Arcais contra<br />
don Domingo Paderi por hacer serrado un territorio nel salto di Pauli Pietrinu, 1768 (ivi, n.<br />
8); Causa civil movida por el Señor Marques de Arcais contra Angel Manca de Nuraqui sobre<br />
el derecho dominical territorial, 1770 (ivi, n. 2); il Signor Marchese d’Arcais contro il Sig.r<br />
don Francesco Spano sopra un pezzo di terreno che questi intende di chiudere, 1770 (ASC,<br />
Demanio Regio, Feudi, v. 64, n. 1).<br />
44 Lettera dell’avvocato patrimoniale Gavino Cocco dell’8 agosto 1771, in Autos construidos de<br />
instancia del Pro.or del Ill. Marques de Arcais, contra el noble don Pedro Marras, y al D.r en<br />
derecho Joseph Ant. Floris de la ciudad de Oristano, sobre el der.o de la pastura, o sean