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Revista Insula núm 1. Juny 2007

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112<br />

Maria Lepori<br />

garantire gli interessi delle singole comunità rurali si sarebbero consultati i loro<br />

sindaci e i collegi di probi uomini, i maggiori di giustizia in carica e quelli del<br />

precedente triennio. 24 Dalle loro testimonianze sarebbe emersa la descrizione<br />

dei tipi di tributo e di prestazione cui erano soggetti i vassalli, della distribuzione<br />

delle quote e dei modi di imposizione, delle esenzioni e dei motivi che le<br />

giustificavano. Una preliminare e rigorosa definizione dei diritti baronali avrebbe<br />

stroncato sul nascere ogni contestazione ed evitato dispendiose e inconcludenti<br />

liti tra signore e comunità.<br />

Le ottimistiche previsioni furono presto smentite dai fatti. Appena osò affittare<br />

i vacui del salto del Sinis, don Damiano si scontrò con il notaio Pedro<br />

Gavino Poddighe Pes, l’ufficiale di giustizia del Campidano Maggiore che, scortato<br />

da una compagnia armata, fece strage di diciannove montoni ed espulse dai<br />

campi tutto il bestiame introdottovi con licenza del marchese. Resa più preoccupante<br />

dall’incarcerazione dei pastori, dopo pochi giorni la scena si ripeté nei<br />

territori di Riola, alla presenza di un sindaco compiaciuto e, con l’arrivo dell’estate<br />

e la disponibilità delle stoppie, il conflitto sui pascoli divenne incandescente.<br />

Inutili furono i provvedimenti che il marchese ottenne dall’intendente<br />

generale per imporre un nihil innovetur: Poddighe non se ne preoccupò e ad<br />

agosto proseguì imperterrito le sue ronde con un drappello di «veinte y cuatro<br />

hombres armados y a cavallo», arrogandosi «preheminencias de Señor, […]<br />

expulsando, tenturando, acorralando, executando y carcerando, […] perjudicando<br />

al marques en los acordios y solitos derechos». 25<br />

Esasperato dalla spavalda e temeraria condotta dell’ufficiale di giustizia,<br />

don Damiano capì che contro le sue pretese non si ergeva un aggressore dei<br />

fruttato rispettivamente 3.496 e 736 lire (Progetto per l’infeudazione delle rendite civili dei tre<br />

Campidani del Marchesato d’Oristano e Peschiere d’Arcais e Cerfaliu, in AST, Sardegna,<br />

Politico Feudale, Marchesato di Oristano, m. 17, n. 30). Attenta a tutelare le comunità, l’intendenza<br />

generale non può accontentarsi dei calcoli sommari del futuro marchese. Pertanto, nel<br />

diploma d’infeudazione del 23 agosto 1767 viene previsto «che i redditi stessi siano riferiti e<br />

descritti specificamente e singolarmente riguardo alla loro qualità. Che in tal modo in ogni<br />

tempo si capisca quali diritti siano stati trasferiti a lui, a quali prestazioni fossero finora tenuti i<br />

vassalli e gli abitanti dei predetti distretti nei confronti del nostro Regio Patrimonio, quali loro<br />

spetti invece pagare e rispondere per la stessa ragione al suddetto Don Damiano Nurra e ai suoi<br />

successori» (Diploma d’approvazione del contratto con cui si infeudano i redditi civili dei<br />

Campidani, peschiere d’Oristano col titolo marchionale di Arcais e l’ampliamento della natura<br />

del feudo della Tappa d’insinuazione già accordata nel 1749, inE.FLORES D’ARCAIS, I<br />

Flores d’Arcais cit., vol. II, pp. 81-85).<br />

24 Relazione storico-economica sul Marchesato d’Arcais e la Signoria utile sui tre Campidani di<br />

Oristano, 14 aprile 1832, in ASC, Regio Demanio, Feudi, v. 73.<br />

25 Ivi, v. 63, n. 43.

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