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FORME DI CULTURA CATALANA NELLA SARDEGNA MEDIOEVALE<br />
5, 239-245)». 174 Come leggiamo nel foglio 6, quest’esemplare appartenne, tra<br />
il 1735 e il 1737, al «Marchese di Rivarolo», viceré della Sardegna piemontese.<br />
Non sappiamo attraverso quale canale questo manoscritto poté entrare a<br />
far parte dell’attuale fondo. Certo è, però, che in concomitanza con la<br />
rifondazione dell’Università di Cagliari, nel 1764, venne ampliata la Biblioteca<br />
Universitaria, che si arricchì, tra l’altro, delle donazioni di libri provenienti<br />
dalla Biblioteca reale. 175<br />
Eduardo Toda incluse quest’opera nella sua Bibliografía española de Cerdeña,<br />
dove leggiamo: «No ofrece este manuscrito diferencia notable alguna con la edición<br />
impresa del libro hecha en Palma de Mallorca por Guasp en 1645». 176 Toda fa<br />
riferimento all’edizione citata con il numero 219 nella Bibliografia de les<br />
impressions lul·lianes di Rogent-Duran: Ars generalis ultima venerabilis magistri,<br />
ac doctoris illuminati Raymundi Lulli maioricensis, con il commento di Francesc<br />
Marçal. Piuttosto che un’impossibile relazione di dipendenza, con quell’espressione<br />
il diplomatico di Reus volle sottolineare lo scarso interesse del manoscritto,<br />
il cui contenuto egli stesso poté comparare con l’edizione maiorchina del 1645<br />
custodita presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari. 177<br />
Quasi quarant’anni più tardi, Eduard Toda, nella sua Bibliografia espanyola<br />
d’Itàlia, citò nuovamente il trattato lulliano per descrivere la prima edizione<br />
dell’Ars generalis ultima – e prima edizione lulliana in assoluto –, pubblicata a<br />
Venezia nel 1480. 178 Facendo riferimento a questo testo, Toda sottolinea che:<br />
«Aquesta Ars generalis ultima fou comensada a Lyó de Fransa l’any 1305 y<br />
acabada al monastir de la Real de Mallorca»; 179 secondo Elies Rogent e Estanislau<br />
174 Biblioteca Universitaria di Cagliari, ms. 131, microfilm positivo 754 e 34. All’interno della<br />
coperta si può leggere una collocazione antica: 5.6.29.<br />
175 S. LIPPI, La libreria di Monserrato Rossellò, giuresconsulto e bibliografo sardo del sec. XVI,<br />
Cagliari 1897, pp. 3-4.<br />
176 E. TODA Y GÜELL, Bibliografía española de Cerdeña, Madrid 1890 [ristampa Milano 1979], n.<br />
726.<br />
177 E. ROGENT-E. DURAN, Bibliografía de les impressions lul·lianes, Barcelona 1927, n. 219, pp.<br />
184-185; Catalogo degli antichi fondi spagnoli, II, n. <strong>1.</strong>067, p. 302; collocazione nella Biblioteca<br />
Universitaria di Cagliari (in seguito BUC), Sal. <strong>1.</strong>714.<br />
178 E. TODA Y GÜELL, Bibliografía espanyola d’Italia, II, Castell de Sant Miquel d’Escornalbou<br />
1928, n. 2.998, pp. 502-503.<br />
179 Nel descrivere l’Art breu (n. 3.000), Toda rimanda alla Bibliografia di E. Rogent e E. Duran,<br />
dimostrando in tal modo di conoscere l’opera, pubblicata appena un anno prima. E, infatti,<br />
commentando l’Ars generalis ultima, scrive che «s’ha comés l’error de pendre la paraula petione<br />
del colofó com cognom del impressor Felip, quan lo text diu clarament que’l llibre fou estampat<br />
per Mestre Felip a petició de Mestre Joan de Córdoba »; in tale errore erano incorsi E. Rogent<br />
e E. Duran, che attribuiscono l’edizione del 1480 a «Felip Petio», trasformando in cognome<br />
l’espressione latina «petione».<br />
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