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IL MARCHESE D’ARCAIS, UN SIGNORE SGRADITO<br />
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Pertanto, tra il 1747 e il 1748, ottenne la tappa d’insinuazione d’Oristano<br />
e i diplomi di cavalierato e nobiltà. Entrambi i titoli furono acquisiti formalmente<br />
dal padre, «come se fosse ancor vivo»: un noto escamotage per risparmiare<br />
nei diritti di sigillo e rendere presentabile un albero genealogico altrimenti<br />
miserevole. 14 La recente nobilitazione non accresceva il prestigio della<br />
sorella Menencia, sposata dal 1736 con don Francesco Flores, ma per l’abile<br />
Damiano costituì l’inizio di una scalata ai vertici dell’élite urbana. Vedovo e<br />
non ancora cinquantenne, poteva azzardare ambiziosi progetti matrimoniali,<br />
e nel 1752 portò all’altare donna Margherita Deroma: 15 lo stemma gentilizio<br />
della sposa e le sue disponibilità economiche sembravano costituire le basi di<br />
un promettente casato. 16<br />
Peraltro, lo status nobiliare e le importanti alleanze matrimoniali non fecero<br />
dimenticare a don Damiano l’antica appartenenza al mondo degli affari,<br />
né spensero la sua originaria vocazione al prestito usuraio, alle transazioni<br />
commerciali e all’appalto di peschiere pubbliche e private. Intelligenza finanziaria<br />
e spregiudicatezza imprenditoriale avrebbero dato i migliori frutti in<br />
quegli anni. Assieme al notaio Michele Vidili e al dottor Agostino Meloni,<br />
ottenne l’appalto delle rendite civili dei tre Campidani. L’investimento fu gravoso<br />
ma i profitti prosperarono, anche grazie alla tacita connivenza di don<br />
Giovanni Angelo Enna, il suddelegato patrimoniale che non si preoccupava di<br />
mascherare i propri abusi. Da chi occupava la più alta carica governativa<br />
dell’Oristanese le comunità rurali attendevano tutela contro le prepotenze degli<br />
appaltatori, ma inutilmente ricorsero a lui e ne reclamarono imparzialità di<br />
giudizio: la sua propensione a favorire «ad ogni possa gli interessi degli<br />
in «Nuovo Bollettino Bibliografico Sardo», nn. 13-24 (1957-1958) (cfr. in particolare n. 17, p.<br />
5). Nella gerarchia delle ricchezze oristanesi, quelle mercantili occupavano il primo posto. A<br />
fianco di Damiano Nurra non stavano dei nobili ma altri due mercanti cittadini, Pietro Ibba con<br />
50.000 lire di beni e Michele Vidili con 40.000.<br />
14 Cfr. la concessione dei diplomi di cavalierato e nobiltà avveniva dietro versamento della cifra di<br />
6.000 lire di Piemonte (diritto di mezz’annata e di sigillo), suscettibile di un aumento proporzionale<br />
al numero dei destinatari. Cfr. F. LODDO CANEPA, Cavalierato e nobiltà (Note storicogiuridiche),<br />
Forni Editore, Bologna 1969 (ristampa anastatica dell’edizione di Cagliari 1931),<br />
pp. 6-7. Per Damiano Nurra cfr. E. FLORES D’ARCAIS, I Flores d’Arcais. Momenti di storia<br />
sarda, vol. I, Agorà Edizioni, La Spezia 1998- 2001, p. 12.<br />
15 Don Damiano aveva sposato in prime nozze Anna Porcella, da cui aveva avuto due figli, morti<br />
in giovanissima età (ivi, pp. 11-12).<br />
16 In un testamento del 1774, don Damiano parla di un suo intervento per evitare la perdita definitiva<br />
dell’argenteria dei marchesi di Santa Maria: impegnata precocemente da don Luigi de<br />
Roma presso il notaio Giovanni Battista Salis, egli l’aveva riscattata a favore della moglie,<br />
donna Margherita (ASC, Archivio notarile, Tappa di Oristano, vol. 1486, pp. 592-595).