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FORME DI CULTURA CATALANA NELLA SARDEGNA MEDIOEVALE<br />
barcellonese poterono arrivare in Sardegna tramite funzionari che si occuparono<br />
di questi stessi accordi di pace. 147 Una pace però mai firmata.<br />
8. Il castello di Gioiosa Guardia e la leggenda arturica *<br />
Quando nel 1391 i sardi arborensi riuscirono a conquistare, togliendolo ai<br />
catalano-aragonesi, il castello di Gioiosa Guardia a Villamassargia, il re Giovanni<br />
I d’Aragona si rammaricò a tal punto che pronunciò una frase che tenteremo<br />
di spiegare in queste pagine. Infatti, secondo Giovanni il Cacciatore, per la<br />
perdita di Gioiosa Guardia «la nació Catalana ne és ensutzada». 148 Ci potrebbe<br />
sembrare eccessivo un tale rincrescimento per un castello in più o in meno durante<br />
un così difficile momento della guerra, quando l’elemento catalano era sul<br />
punto di essere scacciato definitivamente dal territorio sardo. Perduto il castello<br />
di Gioiosa Guardia, nell’isola rimanevano sotto il controllo della Corona<br />
d’Aragona soltanto Cagliari, capitale del Regno, la fedele città di Alghero,<br />
ripopolata dai catalani, Longosardo (l’attuale Santa Teresa di Gallura), eicastelli<br />
di San Michele, d’Acquafredda e di Quirra, nel sud dell’isola. 149 Ci potrebbe<br />
sembrare quindi un rammarico eccessivo se non fosse che in esso vediamo<br />
una cocente delusione per la perdita di un castello con forti valenze simbo-<br />
147 Ci riferiamo, in particolare, a Joan de Montbui, procuratore regio e ambasciatore presso la<br />
corte d’Arborea, nell’aprile del 1385, a Eiximèn Peris d’Arenós, governatore del Capo di<br />
Cagliari a partire dal 1386, e a Joan de Santa Coloma, governatore del Capo di Logudoro<br />
(M.M. COSTA, Oficials de la Corona d’Aragó cit.; e L. D’ARIENZO, La cancelleria di Pietro<br />
IV d’Aragona cit., con numerosa documentazione relativa a questi alti funzionari). Si<br />
veda un anonimo esempio di prosa cancelleresca, non priva di una certa eleganza, dovuto<br />
a uno di questi funzionari (forse Joan de Montbui), nell’appendice dell’articolo di B. FOIS,<br />
Su un trattato di pace mai siglato fra Eleonora d’Arborea e Pietro IV d’Aragona: valutazioni<br />
e consigli di un contemporaneo, inAtti del XIV Congresso di Storia della Corona<br />
d’Aragona cit., I, pp. 445-479 (l’appendice si trova alle pp. 466-471, e vi si nota un’idea<br />
pacifista che ci ricorda la Vesió de Bernat de So: «Com ja és sabut, terra guerrejada ni<br />
tresor qui·s hage per armes com fa mal profit e mal bé, part que no és honor lo dir-ne profit<br />
a la ànima ni pertany a bon príncep que per diners jaquís pau»).<br />
* La prima versione di questo capitolo è apparsa in Anna Paola DEIANA, Il castello di Gioiosa<br />
Guardia, Oristano 2003, pp. 125-134; esiste una versione catalana di questo articolo: Els castell<br />
de Joiosa Guarda i la llegenda artúrica, , «Llengua & Literatura», 14 (2003), pp. 36-44.<br />
148 Cfr.R.TASIS I MARCA, Pere el Cerimoniós i els seus fills cit., 185.<br />
149 In poco meno di un anno, gli arborensi avevano recuperato le posizioni precedenti alla pace del<br />
1388, firmata tra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona, con un’unica differenza: non<br />
poterono conquistare Longosardo. Nonostante ciò si sentirono compensati con il castello di<br />
Gioiosa Guardia. Per quanto concerne il contesto bellico in cui avvenne la presa di Gioiosa<br />
Guardia, rimandiamo il lettore allo studio diA.M. OLIVA-O. SCHENA, La seconda presa arborense<br />
di Villa di Chiesa nel 1391, inStudi su Iglesias Medioevale, Pisa 1985.<br />
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