Revista Insula núm 1. Juny 2007

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12 Joan Armangué i Herrero Oltre a questa testimonianza, è possibile segnalare soltanto l’esistenza di un certo parallelismo formale tra il diritto sardo bassomedievale e il diritto visigotico. In effetti, Francesco Brandileone, studiando il Condaghe di San Pietro di Silki, ha individuato negli atti processuali una serie di analogie con il processo ispano-franco. 16 La prima data certa delle relazioni tra catalani e sardi coincide, dunque, con l’impresa catalano-pisana contro i saraceni di Maiorca (1113-1115), il che rende necessario riassumere i precedenti politici di questa campagna. Inizieremo col dire che l’audacia dei musulmani delle Baleari e il pericolo che essi rappresentavano avevano indotto papa Pasquale II a chiedere ai pisani, tramite il loro arcivescovo, di organizzare una spedizione contro i nemici della cristianità. In tal modo, Pisa venne investita di una funzione unificatrice e coordinatrice di popoli molto diversi. Grazie all’appoggio del papa, quindi, i pisani avevano organizzato la spedizione con l’alleanza militare o commerciale delle potenze che in quel momento condividevano con loro la doppia esigenza, morale ed economica, di combattere gli ‘infedeli’ e liberare il mare dalla presenza musulmana. Oltre ad altri signori di Catalogna e di Provenza, alla spedizione si unì il conte di Barcellona, Raimondo Berengario III, al quale venne affidato il comando della flotta. Negli accordi di Sant Feliu, stipulati il 9 settembre del 1113 tra i consoli pisani e lo stesso conte di Barcellona, erano alleate di Pisa le truppe provenienti da Roma, Lucca, Firenze, Siena, Volterra, Pistoia, e inoltre dalla Lombardia, dalla Corsica e dalla Sardegna. 17 Nell’agosto del 1113, appena iniziata la spedizione, i pisani fecero scalo nel porto di Santa Reparata, in prossimità dell’attuale Santa Teresa di Gallura, nella Sardegna settentrionale. 18 Da Santa Reparata, dove il giudice di Gallura, Orzocco o Ithocorre de Gunale, offrì assistenza alla flotta alleata, 19 i pisani superarono il golfo di Torres e poi quello di Capalbo (l’attuale Capo Caccia, vicino adAlghero). 16 F. BRANDILEONE, Note sull’origine di alcune istituzioni giuridiche in Sardegna durante il Medio Evo, «Archivio Storico Italiano», XXX (1902), pp. 275-325. Cfr. anche D. SCANO, Storia dell’arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari 1907, p. 43, in cui l’autore si dichiara convinto dell’esistenza di stretti contatti ibero-sardi durante il Basso Medioevo, senza poterne, però, apportare prove documentarie. 17 In questo paragrafo riprendiamo un passaggio dell’articolo di V. GRIECO, I Pisani e l’impresa delle Baleari cit., p. 2<strong>1.</strong> 18 Per quanto concerne la partecipazione sarda alla spedizione, è utile la comunicazione di F.C. CASULA, Partecipazione del regno sardo di Torres all’impresa pisana delle Baleari nel 1113- 1115, letta durante il Colloquio internazionale su El Liber Maiorichinus y la sociedad mediterránea del siglo XII, Tossa-Barcelona, 30 settembre-2 ottobre 199<strong>1.</strong> 19 G. MELONI, La Sardegna nel quadro della politica mediterranea di Pisa, Genova, Aragona, in AA.VV., Storia dei sardi e della Sardegna, a cura di Massimo GUIDETTI, II: Il Medioevo dai giudicati agli aragonesi, Milano 1988, p. 67 (l’articolo si trova alle pp. 49-96).
FORME DI CULTURA CATALANA NELLA SARDEGNA MEDIOEVALE Qui si unì loro un contingente di soldati sardi – non è possibile determinare il loro numero – guidati da Saltaro, figlio di Costantino de Lacon-Gunale, e da Torbeno, un tempo giudice di Calari. Di seguito riportiamo il frammento del Liber maiorichinus in cui si narrano questi fatti. Dumque favent venti, Tauro post terga relicta, Adveniunt Longona rates, linquntque lebetes, Et retinent portum dictum de nomine sancte Quam Reparata vocant. muros templumque vetustum Erecti lapides scopulosaque litora monstrant. Hosque sinus exireparant, pariterque resumunt Turrenses aditus, ubi Constantinus habebat Sedes, rex clarus, multum celebratus ab omni Sardorum populo. bis sex geminisque diebus, Operiendo suos, ibi gens Pisana moratur, inde sinum repetunt, quem vulgo ferunt Caput Album, Scilicet ob mullum trepidantia litora ventum. Istic Durbinius Pisanis associatur, Qui quondarn regnum censebat Calaritanum, Et Constantino Saltarus iudice natus; Prevalet hic iaculo, preclaris sensibus ille. (vv. 190-205) Dalla Sardegna la flotta alleata giunse in Catalogna, e precisamente a Blanes: Ac crescente die ceperunt cernere terras Hispanas, sed eas Baleares esse putabant, Blandensi donec comittitur anchora ripe. Has postquam retinent Latio de litore vecti, Astis suspendunt pugnam minitantia signa, Atque tegunt fortes clippeis radiantibus artus, Et stringunt rigidos totis conatibus enses. Litora tota sonant ex rauca voce tubarum. Indigenas, quoscumque vident, capiuntque fugantque, Atque sequuntur, eos Baleares esse putantes. Hii se Christicolas Catalanensesque fatentur. (vv. 239-249) Una volta a Barcellona, la flotta alleata si unì alle truppe di Raimondo Berengario III. Sono di notevole interesse i versi che l’autore del Liber utilizza per descrivere l’atmosfera serena che regnava quando sardi e catalani, insieme ad altri popoli, si incontrarono nelle spiagge tra Montjuïc e il Llobregat, per celebrare la festa di San Matteo: Solis ab occasu modicum porrectus ad equor, Defessas solito qui frangit et accipit undas, Mons Iudeus, ibi plana divisus ab urbe, Non euris puppues calidisve tuetur ab austris; Cuius ab Hispana facie ratis appulit omnis. 13
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