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Hopper, miracolo solare | di Jacopo Ricciardi<br />
di Jacopo Ricciardi 27 dicembre 2009 In appr<strong>of</strong>ondimenti,<strong>art</strong>i visive | 1.259 lettori | 6<br />
Comments<br />
Milano, Palazzo Reale, Edward Hopper.<br />
Vado a Milano alla mostra di Hopper. Un tempo lento, meditativo, solitario, non è oggi una<br />
grande contraddizione? Quante persone si accosteranno ai quadri e ne resteranno rapite? I<br />
colori cristallizati e scintillanti di questi paesaggi possono realmente arrestare il cammino<br />
di una persona oggi? Beh, io mi fermo, ma sono fuori da questo mondo, io amo gli incontri<br />
lunghi che appr<strong>of</strong>ondiscono in silenzio la loro segreta energia. Ma chi oltre me incontrerò<br />
dopo aver visto questa mostra?<br />
Quattro o cinque capolavori bastano allo scopo – anche se non esauriscono il potere di<br />
questo attento e scrupoloso <strong>art</strong>ista. Da lui risalgo all’<strong>art</strong>e del novecento da Picasso in poi,<br />
e la critico aspramente. Hopper va a Parigi nel millenovecentonove e guarda con interesse<br />
agli impressionisti e ignora la rivoluzione della scomposizione dell’immagine, il primato<br />
della superficie sull’immagine. Nessuna riflessione sul cubismo e l’astrattismo, sul<br />
fauvisme e il pointillisme! Resta nel campo del paesaggio reale, emanato – portato – dalla<br />
luce fino a toccare gli occhi.<br />
Per altri dieci anni dipinge all’impressionista. Ma va oltre: rende solida, concreta,<br />
l’emanazione libera della luce di Monet. Il paesaggio per Hopper si indurisce e le superfici<br />
cromatiche si estremizzano, si intensificano compatte fino all’estremo, brillano di una luce<br />
che supera il paesaggio, e in esse si coglie un assoluto luminoso, come se l’orizzonte<br />
dell’uomo fosse un abbaglio luminoso, una concretezza luminosa.<br />
Viene formato uno spazio puro di luce che rappresenta la casa dell’uomo, l’unica vera,<br />
reale, casa dell’uomo; l’unica che parla veramente, lungamente all’uomo. √à l’unica<br />
abitazione contemporanea dell’uomo, che gli chiede di comprendere questa sua estrema<br />
condizione.<br />
Un orizzonte di severità circonda i quadri di Hopper – la sorgente luminosa è sempre fuori<br />
dai limiti fisici del quadro. Ma i limiti del quadro sono per lui la cornice? L’orizzonte di<br />
quella luce ci chiude nella presenza scenica del quadro che continua fino a noi che lo<br />
guardiamo.<br />
103<br />
L’ambiente chiuso della stanza in un<br />
quadro di Vermeer diventa sintesi e<br />
rivelazione del mondo, e<br />
indirettamente l’intera superficie<br />
terrestre viene richiamata senza<br />
impedimenti dall’apertura di una<br />
finestra fino alla scena dipinta,<br />
liberando – rappresentando – l’azione<br />
della mente nella realtà. Ma l’opera di<br />
Hopper va oltre e prevede e trasporta<br />
in sé lo spettatore e il suo spazio.<br />
Guardare un quadro di Hopper vuol<br />
dire definire la nostra posizione rispetto<br />
alla scena retta da una fonte luminosa<br />
non vista. Vermeer chiude la scena in<br />
una stanza nella quale apre un varco<br />
per lo spettatore, ma la scena è<br />
separata, isolata, complice nel suo<br />
mondo davanti agli occhi dello