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Intervista a Christian Andersson | di Francesco Lucifora<br />
di Francesco Lucifora 29 dicembre 2009 In appr<strong>of</strong>ondimenti | 642 lettori | No Comments<br />
English Version<br />
F. L. – “Tre passi al Rockfeller” ha<br />
il suo st<strong>art</strong> nella poesia “Evolution”<br />
scritto da Nils Ferlin nel 1930. Cosa<br />
ne pensi del concetto di evoluzione<br />
e del rapporto tra l’evoluzione e la<br />
vita reale?<br />
C. A. -L’evoluzione umana può essere<br />
diviso in due p<strong>art</strong>i, quando l’evoluzione<br />
stava cambiando gli esseri umani, e<br />
quando gli esseri umani hanno iniziato<br />
a cambiare l’evoluzione. Uno dei motivi<br />
principali del mondo oggi guarda al<br />
modo in cui funziona perché gli esseri umani hanno assunto un ruolo . Ora ci sentiamo<br />
responsabili di questo pianeta, e l’interesse principale del nostro progresso umano è il<br />
progresso di per sé. Abbiamo continuato a regolarlo, definirlo e sintonizzarlo attorno a noi.<br />
Lo scopo di tutto questo è molto vago e si è tentato di pensare che sia programmato in<br />
noi, nei nostri geni. Ciò che la poesia “Evolution” di Nils Ferlin precisa è questa evoluzione<br />
forzata di cui l’uomo si è investito. Che vanno dal Rock, attraverso il fuoco e il verme<br />
Angling (dove siamo già in due fasi, hanno iniziato a dominare il mondo intorno a noi), si<br />
finisce (dopo tre passaggi) nella posizione di Rockefeller. Sulla cima del mondo, che<br />
vogliono ancora di più.<br />
F. L. – Che tipo di intenzioni hai avuto quando hai pensato di questi archivi sono<br />
importanti?<br />
C. A. -La mia intenzione è stata doppia, volevo visualizzare qualcosa di nascosto, come<br />
questi archivi e ciò che è custodito all’interno di essi, ma ho voluto fare questo in modo<br />
relativo al fatto che le informazioni contenute in questi edifici è in realtà nascosta. Ho<br />
scelto di fare questo con la presentazione di un modello in modo da dare allo spettatore<br />
una visione molto limitata dello spazio, come un panopticon invertito. Ho immaginato<br />
questo potesse creare una frustrazione per il fatto che non si può avere una panoramica di<br />
ciò che sta accadendo in questi modelli, che rispecchia il funzionamento di questi archivi<br />
nella vita reale.<br />
Ho anche voluto creare una sorta di s<strong>cult</strong>ura documentario, semplicemente riconoscendo il<br />
fatto che questi luoghi esistono. Magari presentando come s<strong>cult</strong><strong>ure</strong>, invece di foto<br />
documentarie ho potuto aumentare il senso della realtà.<br />
F. L. – Mi puoi dire quanto importante è stata la residenza alla Fondazione<br />
Brodbeck e che tipo di rapporto hai avuto con la città di Catania?<br />
C. A. -In una prima fase ho visitato Catania, per un incontro con la Fondazione Brodbeck,<br />
io purtroppo non sapevo dll’esistenza di questa città. Adesso la conosco ed è cresciuta la<br />
mia affezione per Catania durante il mio soggiorno e ho intenzione di ritornare<br />
regolarmente. A Catania, il mix tra storia e modernità, è sotto gli occhi di tutti, cosa molto<br />
rara in un paese come la Svezia, per esempio. Questo mi ha fatto molto consapevole del<br />
concetto di tempo, e mi è piaciuto molto.<br />
Ciò che la Fondazione sta facendo a mio avviso è molto importante per una città come<br />
Catania, dove l’ingresso e la produzione di <strong>art</strong>e contemporanea sembra limitata. Fornire i<br />
mezzi all’<strong>art</strong>ista e la libertà di presentare idee contemporanee è un’azione coraggiosa e<br />
,nel lungo periodo, fecondo non solo per la Fondazione, ma anche per la città nella visione<br />
di una piattaforma <strong>cult</strong>urale. Speriamo che questa tendenza si diffonda a Catania e nel<br />
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