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Focus on: Napoli | Sergio Fermariello. L’intervista | di Maya<br />

Pacifico<br />

di Maya Pacifico 15 dicembre 2009 In appr<strong>of</strong>ondimenti,focus on | 706 lettori | 3 Comments<br />

Un esercito di guerrieri stilizzati, un logo perfettamente riconoscibile che diventa cifra<br />

stilistica. Rimpicciolito e ripetuto in maniera ossessiva lungo le pareti o ingigantito fino a<br />

diventare p<strong>art</strong>e integrante dell’architettura quello di Fermariello è un graffito che si replica<br />

illimitatamente come una sommossa, è il sovvertimento di un ordine che si impone di<br />

dominare il caos e lo costringe a diventare forma. P<strong>art</strong>endo dal gesto è arrivato a definire<br />

il segno come costante iconica fino a dare vita a un suo personale linguaggio visivo che ha<br />

trovato nella ripetizione un ritmo generato naturalmente dalla sua qualità originaria. Figlio<br />

di un’epoca mediatica e costretto a confrontarsi con il modello dominante della<br />

riproduzione digitale, Fermarielo iscrive il suo codice tribale in una trama fitta in cui<br />

l’occhio si perde nel tessuto visivo rintracciando il percorso di ogni singola immagine come<br />

il nastro di un codice genetico, un Dna che ha qualcosa di umano ma è anche elemento<br />

iconografico, dove le lance e gli scudi dei guerrieri sono lo “0″ e l “1″ del sistema binario.<br />

La sua è una animazione fredda che si scalda nella stesura manuale, nella scelta dei<br />

materiali trattati con il calore delle luci del mediterraneo. L’acciaio, temperato o sabbiato<br />

fino a renderlo opaco, il ferro ossidato e colorato dalla ruggine, formano strati sovrapposti<br />

e alternati in cui si incide il segno trasformandosi in materia viva, in un emblema molto<br />

forte ed espressivo.<br />

(Maya Pacifico) I nuovi studi sul mito tendono a rivalutare l’autonomia del<br />

pensiero mitico rispetto al pensiero filos<strong>of</strong>ico. Il tuo recupero di un codice<br />

arcaico non è dovuto al fascino per il primitivismo ma a una componente<br />

antropologica che è sempre presente nel tuo lavoro‚Ä<br />

(Sergio Fermariello) In origine il lavoro è stato una sorta di terapia per me, sono p<strong>art</strong>ito da<br />

queste fotografie di famiglia, foto che ritraevano i momenti felici, le occasioni quotidiane,<br />

gli eventi, le vacanze, all’inseguimento delle tracce della memoria. Noi non abbiamo più<br />

esperienza della morte degli altri, la morte è diventata una pratica extra- territoriale, si<br />

muore in ospedale, e il buon gusto impone di nascondere tutto ciò che ha a che fare con la<br />

morte, così l’unica traccia rimasta per risalire ai miei antenati erano queste immagini. In<br />

pratica ho riprodotto le foto a matita ricostruendo le linee dei contorni con innumerevoli<br />

segmenti che erano piccolissimi e spezzati ma alla fine davano l’idea di una visione unica.<br />

Questo lavoro meticoloso mi ha permesso di isolare il p<strong>art</strong>icolare, un singolo elemento e di<br />

staccarlo dal fondo: in effetti la memoria è come una specie di zoom. Isola, ingrandisce,<br />

porta in superficie, questo è ciò che volevo ottenere, la percezione di una superficie come<br />

una cosa mobile,il riflesso di una visione tutta mentale.<br />

(Maya Pacifico) Un processo lucido che ti ha portato dalla figurazione al<br />

segno‚Ä<br />

(Sergio Fermariello) è come comporre utilizzando sempre la stessa nota, o scrivere una<br />

poesia con una sola parola, un percorso dove i simulacri non sono che giochi di segni fino<br />

al punto in cui questa calligrafia ha cominciato a ricoprire porzioni sempre più ampie di<br />

superficie. La svolta è stata radicale ma anche logica: in un quadro astratto l’immagine è<br />

una forma simbolica, non definisce lo spazio, non si rapporta con tutte e tre le dimensioni,<br />

dovrebbe essere illusoria ed è elusiva, dovrebbe essere pr<strong>of</strong>ondità riportata su un piano e<br />

non è né pr<strong>of</strong>ondità né piano. Per ovviare a questo inconveniente ho sperimentato diverse<br />

soluzioni tecniche: invece di appiattire il segno con la pennellata o la linea tracciata dalla<br />

matita, ho dato al segno uno spessore utilizzando la pasta di polvere di marmo stesa con<br />

una bacchetta appuntita a cui ho poi aggiunto il colore. Nell’acciaio ho inciso un segno<br />

ingrandito e mutando la sua dimensione ho ricavato l’immagine per sovrapposizione di<br />

strati alternati, creando un nuovo parametro visivo, rapportandomi anche con lo spazio<br />

circostante.<br />

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