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Va compresa questa loro ignoranza dell’est, che era necessariamente contestuale, per<br />

capire poi più pr<strong>of</strong>ondamente le ragioni e gli esiti del loro personale sviluppo <strong>art</strong>istico.<br />

Ludwik Flaszen dà invece così la sua definizione di povero: era il cacciare dal teatro ogni<br />

mezzo tecnico, il suono, le luci. La sua gioventù è stata a contatto dei Pittori di Cracovia,<br />

dei quali il più noto era Cantor, che ha conquistato il mondo anche se forse non era il più<br />

bravo. A quel tempo il teatro era molto tradizionale. Solo gli scenografi portavano<br />

innovazione e poesia. Ma il teatro povero ha cacciato anche le <strong>art</strong>i visive, le scene dipinte,<br />

il trucco dell’attore, tutto ciò che era <strong>art</strong>ificiale, la pancia finta, perché, in verità, era un<br />

teatro creato in contrapposizione al teatro degli scenografi, per dare finalmente una nuova<br />

centralità all’attore.<br />

E’ vero che Grotowski cercava ispirazione nei grandi pittori, ma era per comprendere le<br />

tensioni che facevano pulsare la loro opera, non per rappresentarli. Così poteva avere<br />

come riferimento un sonetto di Michelangelo Buonarroti, a favore di un’<strong>art</strong>e che va creata<br />

per “via di levare”, piuttosto che di porre, perché il levare era il primo e continuo<br />

incitamento da dare all’attore.<br />

Un altro stimolo importante per Grotowski era Maleviƒç, grande ricercatore dell’assoluto<br />

della pittura. Ma qual è, allora, l’assoluto del teatro?<br />

Ogni <strong>art</strong>e non è solo una differente posizione estetica, ma anche esistenziale, avendo a<br />

che vedere con ciò che esprime la propria personale identità. L’identità del teatro povero<br />

sta nell’eliminazione – la via negativa – . Non è una posizione filos<strong>of</strong>ica, né un pensiero<br />

estetico. E’ un fatto pratico, una regola pratica.<br />

Anche Rodin o Rilke. sono stati davvero significativi per Grotowski, ma sempre e solo per<br />

trovare quelle formule che dessero stimolo al suo lavoro quotidiano. Le statue di Rodin<br />

erano d’esempio per pensare al corpo in azione dell’attore, a quell’azione che doveva<br />

essere presente contemporaneamente in ogni sua singola p<strong>art</strong>e, per p<strong>art</strong>ecipare<br />

attivamente, e tutte insieme, alla tensione e all’espressione generale: le mani che ridono,<br />

il dorso che piange, la nuca che sospira.<br />

Flaszen, prima di lavorare con Grotowski, dice di essere stato un tipico intellettuale che<br />

scriveva critiche di teatro, pamphlet, saggi. Ma poi ha trovato una nuova modalità per<br />

vivere il suo ruolo, lasciando per così dire lo scrivere e gli aspetti più esclusivamente<br />

razionali per darsi ad un processo diverso, molto più affascinante, che prevedeva il poter<br />

p<strong>art</strong>ecipare al dar vita ad una vera e propria lingua dell’immaginazione.<br />

Nel ’57 legge un <strong>art</strong>icolo di un giornale cattolico che pone la riflessione su due modi<br />

operandi della Chiesa che stanno in contrapposizione e che insieme la rappresentano:<br />

l’inquisizione e la conversione. Da una p<strong>art</strong>e i mezzi ricchi della violenza, dall’altra quelli<br />

poveri della dolcezza. Capisce allora la necessità di fare una scelta di campo, che introduce<br />

con un <strong>art</strong>icolo molto gioioso parlando per la prima volta del teatro povero.<br />

Ma in quella Polonia sfortunata, a Opole, piccola cittadina grigia, poveri lo erano davvero,<br />

con solo il minimo del necessario per fare teatro. Una piccola sala di 70 metri quadri,<br />

piccoli proiettori, piccoli mezzi. Il loro agire diventava qualcosa di morale contro l’ufficialità<br />

del teatro, contro il mito della grande carriera. Una rivolta non sociale contro la società, il<br />

cui ideale era il potere e la ricchezza.<br />

I nuovi ruoli dell’intellettuale, dell’<strong>art</strong>ista, della <strong>cult</strong>ura arrivano dunque a compenetrarsi<br />

con l’idea del sacrificio, anche personale.<br />

In tutti gli spettacoli di Grotowski era centrale la figura del salvatore, dell’uomo della<br />

missione, del pazzo, di quello che era considerato idiota (vedi Dostojevski), ma che era<br />

invece il portatore delle idee. Un messianismo, anticipato in Polonia dallo spirito<br />

romantico, spinto a salvare l’individuo, per salvare se stessi, perché la salvezza è solo<br />

individuale. La povertà diventa così un’ideale di vita e San Francesco d’Assisi poteva,<br />

forse, essere un loro esempio.<br />

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