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Carsten Nicolai alias Alva Noto a Napoli. Decontestualizzazioni<br />
in nome della tutela e l’incolumità: una politica degli eccessi? |<br />
di Emiliana Mellone<br />
di Emiliana Mellone 30 dicembre 2009 In appr<strong>of</strong>ondimenti,<strong>art</strong>i visive | 612 lettori | 13<br />
Comments<br />
Purtroppo non ho avuto modo di vedere dal vivo la nuova installazione a Napoli proposta<br />
dal consueto appuntamento con l’<strong>art</strong>e contemporanea in Piazza del Plebiscito,<br />
quest’anno. Epp<strong>ure</strong> mi incuriosiva molto, vedere il lavoro di Carsten Nicolai alias Alva<br />
Noto, essendo appassionata di musica sperimentale e di quel ramo, relativamente nuovo,<br />
che sta scrivendo la storia dell’<strong>art</strong>e contemporanea, basato sulla fusione di media diversi<br />
al fine di ri-creare un’opera sinestetica. Pioneer II, questo il nome del lavoro costituito da<br />
tre s<strong>cult</strong><strong>ure</strong> sferiche, una sorta di mongolfiere gonfiate ad elio, che di sera si illuminavano<br />
dando luce a tutta l’area interna la piazza, “un’opera che tende verso l’alto” -l’aveva<br />
presentata all’inaugurazione il critico d’<strong>art</strong>e Achille Bonito Oliva- e soprattutto<br />
stere<strong>of</strong>onica in quanto, tramite un s<strong>of</strong>tware installato all’interno delle strutt<strong>ure</strong>, i visitatori<br />
della piazza venivano accolti da un suono di sott<strong>of</strong>ondo p<strong>art</strong>icolare che arrivava<br />
direttamente dall’Osservatorio vesuviano e che riproduceva i dati raccolti sui movimenti<br />
tellurici, portando il Vesuvio, cuore attivo e pulsante della napoletanità, nella piazza<br />
-forse- più famosa della città. Dopo soli due o forse tre giorni, però, l’installazione è<br />
stata smontata.<br />
L’ho appreso in un servizio al tg2 di ieri<br />
sera (26 dicembre) in cui veniva<br />
sottolineata la “carnalità” (più che<br />
passionalità) dei napoletani rispetto<br />
alle “opere/svago” presentate in piazza<br />
ogni anno: d’altronde la Montagna di<br />
Sale di Mimmo Paladino divenne una<br />
vetta di finta neve su cui sciare e i<br />
Teschi di Rebecca Horn, incastonati<br />
nei sanpietrini della piazza, venivano<br />
-talvolta- prelevati e portati a casa a<br />
mò di souvenir, per essere collocati<br />
sull’altarino di famiglia ancor oggi<br />
presente in molte delle case<br />
napoletane; ebbene: anche quest’anno è capitato qualcosa di simile. “Già nelle ore<br />
dell’inaugurazione ho visto con i miei occhi l’incredibile, appassionata p<strong>art</strong>ecipazione dei<br />
bambini napoletani, addirittura un paio di loro che erano riusciti non so come ad<br />
aggrapparsi ad una di esse col rischio di essere sbalzati in alto, altri che giocavano un po’<br />
troppo vigorosamente con i tiranti facendo oscillare paurosamente le strutt<strong>ure</strong>”. E’ questa,<br />
la testimonianza dello stesso <strong>art</strong>ista tedesco, che aggiunge: “Anche se mi rendo conto che<br />
per quei ragazzi si trattava solo di un gioco inaspettato molto grande e divertente, un<br />
approccio così fisico ed emotivo con l’opera d’<strong>art</strong>e resta dal mio punto di vista un fatto<br />
straordinario, sul quale noi <strong>art</strong>isti dobbiamo riflettere. In ogni caso, ho ben compreso le<br />
forti preoccupazioni dei curatori sulla manutenzione del lavoro in piazza e mi sono<br />
adoperato per <strong>of</strong>frire un cambiamento di Pioner II, che in realtà non è nient’altro che un<br />
ritorno all’idea originaria: portare il Vesuvio in piazza Plebiscito”. Staremo a vedere…<br />
124<br />
Dal canto mio, penso semplicemente<br />
questo: è lecito che ogni anno la<br />
manifestazione susciti polemiche di<br />
varia natura, sia riguardo la selezione e<br />
il gusto propriamente estetico delle<br />
opere esibite, sia per quanto concerne