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Roma-Nero 39. Ripercorrendo fra teatro e musica il<br />
cambiamento di una città | di Isabella Moroni<br />
di Isabella Moroni 19 dicembre 2009 In appr<strong>of</strong>ondimenti,teatro danza | 314 lettori | No<br />
Comments<br />
Dovettero andare via. In molti. Strappati da Piazza Venezia, da Borgo, dalle loro case del<br />
centro storico di Roma. Scacciati dalla loro città, moltissimi romani, durante il dominio<br />
fascista, nel 1939, furono letteralmente buttati a vivere nei nuovi casermoni che<br />
sorgevano ancora in campagna.<br />
Borgate. Lontane da tutto e specialmente dal senso di collettività e comunità. Borgate<br />
dove a volte si riesce a ricostruire un simulacro di vicinato, di piazza, di relazione, ed altre<br />
volte -più spesso- ci si chiude, ci si difende, si lanciano le basi per quella che sarà la vita<br />
futura: piena di sospetto, di paura, di insic<strong>ure</strong>zza.<br />
Piena di richieste inesaudite, di diritti infranti, di ingiustizie, di ragioni affermate con<br />
l’arroganza e con la violenza.<br />
Ma prima di tutto questo c’è la storia narrata da questo spettacolo, una Commedia<br />
musicale di Gabriele Carbotti che racconta del Suburbio Nomentano, la borgata che ha poi<br />
preso il nome di Pietralata, dove vite e caratteri si incrociano poco prima dello scoppio<br />
della seconda guerra mondiale.<br />
Persone semplici che del conflitto subivano solo l’orrore e che ne ignoravano in maniera<br />
assoluta le ragioni e le cause.<br />
Musicato da Paolo Gatti lo spettacolo ha la leggerezza e la comicità della commedia<br />
musicale che -come dice il regista Claudio Insegno- pur prendendo spunto da fatti storici,<br />
non ha la presunzione di essere un documentario realistico dell’epoca, ma vuole<br />
rappresentare il punto di vista delle persone che vivevano proprio lì in quel periodo.<br />
Epp<strong>ure</strong> proprio la riconoscibilità di “quel periodo” viene un po’ a mancare: il linguaggio non<br />
si rifà al dialetto genuino dei popolani romani di settant’anni fa, mutua -invece- molti modi<br />
di dire dal romanesco ibridato dei nostri giorni, ed anche i personaggi spesso sembrano<br />
non essere a loro agio con gli abiti e i caratteri degli ultimi di una volta.<br />
In questo contesto, a tratti tentennante, spiccano gli attori della “vecchia guardia”.<br />
Gianfranco Mazzoni e Annamaria Plini utilizzano infatti la loro indiscutibile capacità<br />
attoriale per <strong>of</strong>frire accenti e sostegni alla scena; per cesellare gestualità e lazzi<br />
mantenendo la tensione fra il dramma raccontato e l’indomita capacità romana di<br />
accogliere con ironia tutti gli orrori.<br />
Piacevoli e divertenti le battute e soprattutto la storia di questo popolo deportato, che<br />
cerca di vivere ugualmente e che sarà, come la stessa città di Roma, completamente<br />
cambiato dagli eventi.<br />
Articolo pubblicato su <strong>art</strong> a p<strong>art</strong> <strong>of</strong> <strong>cult</strong>(<strong>ure</strong>): http://www.<strong>art</strong>ap<strong>art</strong><strong>of</strong><strong>cult</strong><strong>ure</strong>.net<br />
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