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(Maya Pacifico) Credi che il futuro dell’<strong>art</strong>e sia in questo rapporto con lo spazio<br />

della vita, con l’architettura e i progetti pubblici?<br />

(Sergio Fermariello) Sono convinto che l’<strong>art</strong>e serva a migliorare la qualità della vita: un<br />

oggetto che ha un suo valore estetico è un oggetto che non si butta via ed ha quindi una<br />

sua funzione ecologica in un certo senso. Bisogna tornare a considerare l’<strong>art</strong>ista come<br />

funzionale, organico al progetto della natura: distruggendo la natura l’uomo distrugge<br />

anche se stesso perché se si taglia un bosco non si distruggono solo gli alberi ma anche<br />

l’uomo, quell’ uomo istintivo, selvaggio che era tutt’ uno con il bosco. La città è come una<br />

persona ed ha bisogno di organi, organi che funzionino. Non si può introdurre un’opera<br />

d’<strong>art</strong>e che viene rifiutata dal contesto, dal qu<strong>art</strong>iere, l’opera deve produrre sempre una<br />

riqualifica, ci deve essere uno scambio, un equilibrio esatto in questa strategia.<br />

( Maya Pacifico) La morte ha perso la sua sacralità, il <strong>cult</strong>o dei morti va<br />

scomparendo, la devozione per i morti permane solo nelle classi popolari ma tu<br />

hai affermato che gli antenati ritornano‚Ä<br />

(Sergio Fermariello) La creazione è sempre figlia di una violenza, in questo caso è il corpo<br />

dell’antenato, il guerriero arcaico che è stato sepolto e che torna alla luce per proliferare,<br />

per diffondere il contagio: i miei guerrieri ben rappresentano questa invasione,<br />

un’invasione invisibile e silenziosa come quella dei virus. Nel mondo antico erano i morti a<br />

mangiare i vivi, da qui la necessità del rispetto per i morti che venivano esorcizzati<br />

mediante il rito. Il virus dell’influenza A è l’antenato che ritorna, è quella che Elias Canetti<br />

definiva – ” una innumerevole moltitudine di guerrieri invisibile e armata” – è questa<br />

aggressività che non sappiamo più controllare. Nella contemporaneità accade il contrario,<br />

siamo noi a nutrirci della loro eredità, stiamo consumando il passato e stiamo consumando<br />

anche la morte evitando ogni allusione al lutto che potrebbe <strong>of</strong>fuscare il benessere degli<br />

altri. Nelle popolazioni primitive gli antenati davano il nome ai vivi, ogni bambino nato<br />

portava il nome di un morto. Quando la popolazione mondiale sarà aumentata tanto da far<br />

sì che il numero dei vivi superi il numero di quelli che sono morti dal Neanderthal in poi<br />

vuol dire che non ci saranno più nomi e per chi crede nella trasmigrazione delle anime non<br />

ci saranno abbastanza anime degli antenati che potranno reincarnarsi nei nuovi nati.<br />

( Maya Pacifico) L’<strong>art</strong>e che ruolo dovrebbe avere nella società di oggi?<br />

( Sergio Fermariello) L’<strong>art</strong>e si è sempre occupata del superfluo, di ciò che non serve e in<br />

questo senso contraddice anche tutto ciò che è funzionale: siamo di fronte alla necessità di<br />

ridefinire nuove regole. Oggi i mutamenti politici e sociali hanno un andamento vorticoso<br />

che fanno emergere a ogni istante la speranza di una felicità possibile insieme alla<br />

minaccia di una crisi irreversibile. Questa crisi ha colpito anche l’<strong>art</strong>e e ha messo in<br />

questione il suo statuto simbolico e linguistico. Non c’è una specifica qualità e eccellenza<br />

dell’<strong>art</strong>e ma l’esperienza di una situazione individuale e collettiva in cui tutte le cose<br />

vengono spinte al loro estremo. E’ questo il paradosso, la questione che è stata affrontata<br />

anche dalle avanguardie del 900’, l’<strong>art</strong>e dovrebbe attribuirsi il compito di legittimare il<br />

nuovo nell’antico e di rilegittimare l’antico dentro il nuovo, ma come può avvenire una<br />

cosa del genere se l’<strong>art</strong>e non riflette più la realtà? Viviamo in un’epoca di precarietà dove<br />

l’<strong>art</strong>e è sottoposta all’urgenza di questa spinta. Il mondo è come un condominio di cui<br />

l’<strong>art</strong>e rappresenta l’ascensore, l’ascensore è sotto posto a delle pressioni e a delle<br />

limitazioni perché al suo interno non possono entrare più di quattro persone. Come ha<br />

tentato di spiegare James Hillman: – siamo di fronte a un passaggio epocale in cui<br />

dobbiamo risolvere questo conflitto- da una visione dell’uni-verso che va in una sola<br />

direzione, a quella del kosmòs, capace di abbracciare tutto in una concezione cosmica.<br />

L’<strong>art</strong>e è la necessità di questa “cosme-tica” intesa come cura della bellezza.<br />

( Maya Pacifico) La bellezza ha quindi ancora una sua funzione?<br />

(Sergio Fermariello) La bellezza è una protezione, è come una membrana, qualcosa che ci<br />

deve proteggere dagli attacchi dell’esterno, è come una fontana scolpita nel marmo dove<br />

l’acqua ha bisogno di silenzio per essere ascoltata.<br />

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