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GiuseppeFrau gallery a Iglesias e tre giovani nuove proposte.<br />
Al femminile | di Luca Barberini B<strong>of</strong>fi<br />
di Luca Barberini B<strong>of</strong>fi 6 dicembre 2009 In appr<strong>of</strong>ondimenti,<strong>art</strong>i visive | 593 lettori | 4<br />
Comments<br />
Scuole Maschili. Eleonora Di Marino, Serena Lo Giudice, Emanuela Murtas. A cura<br />
di Barbara M<strong>art</strong>usciello e Pino Giampà<br />
La GiuseppeFrau Gallery è la prima, e l’unica, galleria d’<strong>art</strong>e contemporanea operante<br />
nel Sulcis Iglesiente. Interessata principalmente a sostenere e promuovere giovanissimi<br />
<strong>art</strong>isti, nati od operanti in Sardegna, è decisamente orientata a un ambito della ricerca<br />
<strong>art</strong>istica più recente, nella sperimentazione di nuovi linguaggi ed al rapporto tra locale e<br />
internazionale e tra rete e territorio.<br />
Con la mostra Scuole Maschili, nella quale espongono tre giovanissime <strong>art</strong>iste del Sulcis<br />
iglesiente, tutte nate intorno agli anni ’90, la galleria inaugura un suo nuovo spazio,<br />
ospitato nel centro di Iglesias, all’interno dell’edificio in cui ha sede l’Associazione Remo<br />
Branca (in ricordo dello storico <strong>art</strong>ista sardo e fine incisore).<br />
La mostra presenta tre opere realizzate con il linguaggio del video ma fortemente segnate<br />
dall’espressione performativa, dalle pratiche della Public Art e sistematicamente inserite in<br />
un filo logico collegato al territorio e alle sue emergenze. Proprio in tale legame le <strong>art</strong>iste<br />
coinvolte hanno saputo dimostrare che tematiche-chiave del dibattito internazionale<br />
intorno all’<strong>art</strong>e più recente possono anche nascere in luoghi periferici se sapute mettere in<br />
contatto diretto con il sistema dell’<strong>art</strong>e.<br />
La programmazione della galleria, infatti, cerca di mettere a fuoco la maturazione di alcuni<br />
<strong>art</strong>isti locali che, nel periodo estivo, hanno collaborato con <strong>art</strong>isti e curatori internazionali:<br />
dal progetto Cherimus (Jorge Orta, Zarina Bhimji, Matteo Rubbi, con B<strong>art</strong>olomeo<br />
Pietromarchi e a cura di Emiliana Sabiu ecc.) all’Imaginary Museum (Cuoghi Corsello,<br />
Giuseppe Stampone, Gioacchino Pontrelli, Andrea Aquilanti, Daniela Perego,<br />
Andrea Fogli, Flavio Favelli, Donatella Spaziani etc.:<br />
http://www.imaginarymuseum<strong>of</strong>c, a cura di B. M<strong>art</strong>usciello e P. Giampà).<br />
Eleonora Di Marino (Carbonia nel 1990,<br />
vive e lavora a Milano) presenta un<br />
video realizzato nell’abitato più piccolo<br />
della Sardegna, Baradili, dove la<br />
popolazione locale è stata invitata<br />
dall’<strong>art</strong>ista ad applaudire ad ogni<br />
visitatore che avesse visitato il paese.<br />
Una ricerca sul ritmo visivo, sonoro ma<br />
anche antropologico che sembra quasi<br />
promuovere uno stile amarcord che<br />
potremmo azzardare a definire<br />
antropologia poetica dell’esperienza.<br />
Serena Lo Giudice (Iglesias nel 1991),<br />
alla sua primissima esposizione, affronta in un video una tematica che cerca di spiazzare il<br />
ruolo di donna e di vittima, dove una lapidazione si trasforma in uno spostare le pietra da<br />
una p<strong>art</strong>e ad un’altra. Seppur giovanissima, l’<strong>art</strong>ista è coinvolta in una serrata ricerca che<br />
da oltre un anno la vede impegnata a studiare le relazioni tra l’essere donna<br />
contemporanea e le forme in cui ella viene definita non ancora emancipata e legata a<br />
retaggi antifemministi. Questo lavoro sembra un perfetto sviluppo di un suo video<br />
precedente, dove riusciva a creare una relazione estetica tra il velo sardo, legato alla<br />
tradizione matriarcale e quello islamico.<br />
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