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e promozione pubblicitaria. Io cito<br />

sempre un dato statistico del 1938: i<br />

visitatori degli Uffizi erano 50.000<br />

l’anno. Nel 2008 sono diventati un<br />

milione e mezzo. Dunque un aumento<br />

di 30 volte, dopo 70 anni. Epp<strong>ure</strong>, ecco<br />

il paradosso: io sono convinto che c’era<br />

più gente che ne usciva ricordando e traendone qualcosa nei 50.000 del 1938. Perché quei<br />

50.000 provenivano da un’élite, avevano fatto delle eccellenti scuole, ottime università,<br />

venivano da famiglie dove c’era una biblioteca in casa. Oggi gente, anche diplomata o<br />

la<strong>ure</strong>ata, non ha mai letto un libro. uarda solo la televisione, non saprebbe scrivere una<br />

c<strong>art</strong>ella nella sua lingua madre senza errori. D’altra p<strong>art</strong>e, e questo è positivo, chi una<br />

volta non sapeva neanche cosa fosse un museo, oggi viaggia, ha 4 televisori al plasma,<br />

spende soldi, fa girare la macchina. Tutti sappiamo che l’unica democrazia che esiste sotto<br />

il cielo è la democrazia dei consumi. Ci viviamo dentro, coi suoi costi.<br />

L. T.) Nel settore <strong>cult</strong>urale e storico-<strong>art</strong>istico non esiste alcuna regolamentazione generale<br />

e non c’è nemmeno uno strumento normativo di riferimento, come il contratto collettivo<br />

nazionale che statuisca quali siano compensi minimi ragionevoli per le prestazioni erogate<br />

dagli specialisti, p<strong>art</strong>icolarmente se indipendenti. Secondo lei, perché il settore <strong>cult</strong>ura è<br />

così arretrato? Editoria, Università, Istituzioni pubbliche e private si avvalgono di<br />

manovalanza intellettuale a costi molto bassi.<br />

A. P.) Si, è senz’altro vero. Il paradosso è che abbiamo il migliore sistema di tutela,<br />

costituito da Soprintendenze, Istituti Centrali tra cui quello del Restauro, le<br />

Soprintendenze come quella di Firenze e degli Uffizi, e poi lasciamo tanto abbandonato a<br />

se stesso. E’ un’Italia a macchia di leopardo, come in molti altri settori. Il successo del<br />

modello italiano di tutela, riconosciutoci da tanti nel mondo intero, non basta. Bisogna<br />

riuscire a conservarlo.<br />

L. T.) Ci sono problematiche strutturali e/o d’attualità che ritiene che dovrebbero essere<br />

affrontate con maggiore coraggio, per sviluppare meglio le potenzialità del settore, per<br />

dare più lavoro ai giovani, per imprimere più slancio al turismo <strong>cult</strong>urale del Bel Paese?<br />

A. P.) Salvare quello che resta del paesaggio dovrebbe essere la nostra prima priorità., è<br />

questa l’urgenza maggiore. Poi viene il turismo <strong>cult</strong>urale, che deve orientarsi verso il<br />

museo diffuso, quello che è sparso ovunque sul territorio e nei piccoli centri. Berenson<br />

diceva che in Italia si incontravano Donatello e Giambologna andando al ristorante o dal<br />

parrucchiere. Fino agli anni ’50 l’Italia era ancora quella che avevano visto Goethe e<br />

Stendhal. Berenson adorava spingersi in territori ancora vergini come la zona di<br />

Montefalco, che descrive nei suoi Diari, a cavallo di un mulo, tirato per la cavezza da un<br />

giovane a piedi nudi discendente degli Etruschi.<br />

Un esempio, tra tanti: il più bel dipinto di Pontormo non è agli Uffizi, dove sarebbe logico<br />

aspettarselo, ma nella Chiesa di Santa Felicita (Firenze). Questo è il museo diffuso. La<br />

<strong>cult</strong>ura in Italia è nella qualità della vita, nella gastronomia, in tutto quello che rende il<br />

paese affascinante. Dietro il Made in Italy, ci sono Botticelli, Michelangelo, Taormina. Il<br />

valore economico incommensurabile è questo. I nostri s<strong>art</strong>i sono grandi grazie ai colori e<br />

alle forme delle città italiane.<br />

L. T.) Come considera la componente mercato” all’interno del Sistema dei beni <strong>cult</strong>urali?<br />

Che rapporto hanno le istituzioni museali con il mercato? I nostri funzionari hanno poco<br />

tempo e risorse per monitorarlo e possono perdere occasioni per acquisire opere<br />

significative per le loro collezioni. Non hanno risorse, lamentano da sempre.<br />

A. P.) Ci sono stati colleghi che, durante la contestazione avrebbero voluto fucilare gli<br />

antiquari. Ora gli stessi scrivono per i loro cataloghi. Io dico che, senza antiquari, non<br />

esisterebbero gli Uffizi. I colleghi dell’Europa orientale sono tornati da poco alla modernità:<br />

senza il mercato privato erano rimasti indietro. Senza gli antiquari deperivano restauro e<br />

metodologie. Nella <strong>cult</strong>ura tutto si tiene insieme. E’ un sistema ecologico, come un habitat<br />

con un suo equilibrio interno. Dare spazio solo al mercato sarebbe squilibrato, ma<br />

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