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Percorsi didattici Sulle orme… dei collezionisti - Vie dell'Arte

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La fortezza <strong>dei</strong> riti<br />

della Patria<br />

I Propilei del Piave<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

L’ingresso al Vittoriale<br />

Si tutus has portas vis transire memento<br />

hic imperium victoriae et regnum patriae<br />

«Lassù, in sommo della mia collina magnanima, lassù, in vetta del<br />

Mastio, sopra l’arca del primo fra’ miei undici eroi traslatato, l’aria<br />

esprime dalla sua inanità qualcosa d’inconsolabile. Coeli insolabile<br />

numen sono le tre parole dolenti e rilucenti che comprendevano,<br />

dianzi, nel mio volo inerme, aria e ala, anima e aria.»<br />

L’ingresso è costituito da un acciottolato ai lati del quale sono<br />

presenti due strutture adibite oggi ad autorimessa delle preziose<br />

auto di d’Annunzio il quale aveva un’autentica passione per la<br />

velocità sotto tutte le forme: automobili, motoscafi, aerei. Fra queste<br />

vi è la mitica Fiat 4 con la quale si era recato a Fiume per la famosa<br />

impresa.<br />

Con la scena di una frenetica corsa in auto che rischia di<br />

trasformarsi in una tragica sfida alla morte, si apre il romanzo<br />

Forse che sì forse che no, titolo tratto da un motto di Vincenzo Gonzaga. Già da questo<br />

particolare, intuiamo il gusto di d’Annunzio per le antichità rinascimentali unite, però, alle<br />

innovazioni tecniche frutto della società industriale, per le quali il poeta si entusiasmava, pur<br />

respingendo l’idea di sacrificare l’ideale di bellezza al denaro del capitalismo più sfrenato.<br />

Il portale d’ingresso della Cittadella è formato da due arcate che conducono, a sinistra verso<br />

la Prioria della quale parleremo in seguito, e, a destra verso il teatro e il parco.<br />

Fra i due archi c’è una fontana a tre getti d’acqua potabile, ancora in uso sulla quale è inciso<br />

un passo del Libro Segreto: «Dentro da<br />

questa triplice cerchia di mura, ove tradotto<br />

è in pietre vive quel libro religioso ch’io<br />

mi pensai preposto ai riti della patria e dai<br />

vincitori latini chiamato Il Vittoriale».<br />

Nella zona dedicata alla vittoria sul Piave<br />

la costruzione è fortemente scenografica e<br />

ricorda l’architettura imperiale romana con<br />

archi trionfali e colonnati simili ad un foro,<br />

ma asimmetrica come una rovina antica<br />

o un dipinto metafisico. La statua della<br />

Vittoria che si libra nel cielo, opera di Arrigo<br />

Minerbi (1935), ci ricorda nell’ambientazione<br />

un’immagine del Forse che sì forse che no,<br />

(anche se in quel caso era dedicata alla<br />

Vittoria di Brescia) soprattutto per la posizione analoga su una colonna altissima, padrona<br />

dell’aria: «Imposta al capitello corinzio involto di acanti corrosi, ora viveva nel cielo». In questo<br />

caso però la Vittoria appare «afflitta», avvolta e chiusa nelle sue stesse ali intenta piuttosto<br />

a scendere e a proteggersi che a spiccare il volo, simbolo ovviamente, del successo finale<br />

riportato nella Prima guerra mondiale, costato un enorme sacrificio in vite umane e, infine,<br />

parzialmente ridimensionato dai trattati successivi.<br />

Tutto il complesso è, perciò, cinto da alte mura e porte a guisa di un luogo fortificato,<br />

manifestando il desiderio del poeta di mantenere un certo distacco dal mondo esterno. In<br />

questo luogo si celebrano i riti dell’arte e della patria, destinati a tutti gli italiani, ma dai<br />

quali devono essere esclusi gli indesiderati o gli indegni. Il percorso è realizzato in modo<br />

che dall’ingresso non si possa scorgere la facciata della Prioria, sottolineando così l’iter<br />

iniziatico che il poeta propone ai visitatori. Infine, sull’arco trionfale al di sotto della loggia di<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

104 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 105 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

collegamento con gli Archivi, campeggiano<br />

le insegne principesche di Monte Nevoso<br />

con il motto Immotus nec iners (fermo ma<br />

non inerte). Il titolo di principe fu conferito<br />

dal re a d’Annunzio nel 1924 in occasione<br />

della celebrazione dell’annessione di<br />

Fiume all’Italia. Lo stemma è composto da<br />

uno scudo sannitico ornato dal cordone<br />

francescano con il Monte Nevoso, un gladio<br />

e la costellazione dell’Orsa, sovrastati da un<br />

elmo e da una corona principesca. Il cordone<br />

e le stelle dell’Orsa ricordano lo stendardo<br />

dell’impresa di Fiume, visibile nella sala delle<br />

Reliquie.<br />

Oltre l’arco, entriamo nella piazzetta Dalmata,<br />

situata davanti alla Prioria, la residenza del<br />

poeta. In alto sul pennone sopra il pilo si erge la Vergine dello scettro di Dalmazia, esempio<br />

tipico di elaborazione dannunziana: risalente al XV secolo, è in rame sbalzato su un’anima in<br />

legno, ma la figura è stata profondamente rilavorata<br />

negli anni 1924-25. Nel pilo dalmata sono inserite<br />

otto grandi protomi barbute, originariamente chiavi<br />

di volta di stile sansoviniano, le quali dovrebbero<br />

ricordare gli schiavi della Slavonia. L’iscrizione sul<br />

pilo, infatti, recita: «Laudata sia nell’eccelso / La<br />

serenissima Vergine dello scettro di Dalmazia / Che<br />

per li otto venti della rosa italiana / Come per questi<br />

otto teschi / Risoggioghi la barbarie schiava / Dal<br />

primo vallo di Roma nel monte Adrante / Insino agli<br />

altari di Marco sanguinosi nel labirinto del Cattaro<br />

/ E dal crudo sasso quivi imminente / Insino al<br />

sommo degli Acroceraunii / Non impari nell’amore<br />

del fato e del fulmine. / Nono anniversario della<br />

guerra bandita. Settimo della Pentecoste sul Timavo.<br />

XXIV Maggio MCMXV MCMXXIV / XXVII Maggio<br />

MCMXVII MCMXXIV / et ultra».<br />

Volgendoci poi verso la residenza del poeta, non<br />

ci troviamo di fronte ad una reggia né ad un castello, ma piuttosto alla casa di campagna<br />

di un nobile toscano del Rinascimento, forse ultimo discendente di qualche antica famiglia<br />

dell’epoca comunale. Ci appare chiaro, perciò, fin dal principio, il rapporto di d’Annunzio<br />

con la storia del passato e la sua volontà di conferire alle architetture e agli arredi molteplici<br />

valori simbolici, passando attraverso tutte le principali fasi della storia d’Italia dalla classicità<br />

fino alle innovazioni tecniche dell’età industriale.<br />

La Facciata della Prioria<br />

Nella facciata si notano le numerose modifiche tese a «stodeschizzare» l’aspetto della villa<br />

che in precedenza apparteneva allo storico dell’arte tedesco Thode.<br />

«Per la facciata, desidero seguire il disegno che già ti esposi dandoti ad esempio la facciata<br />

del palazzotto aretino del Podestà. Bisogna limitarsi a collocare stemmi, senza altre pitture<br />

o ornamenti ambiziosi. Bisogna lasciare la misera facciata com’è; ma tempestarla di pietre<br />

senza ordine simmetrico» scriveva a proposito della sistemazione della facciata all’architetto<br />

Gian Carlo Maroni.<br />

L’arco trionfale di<br />

Montenevoso<br />

Il pilo dalmata<br />

La villa di un nobile<br />

rinascimentale<br />

La facciata del<br />

palazzo del Podestà

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