Percorsi didattici Sulle orme… dei collezionisti - Vie dell'Arte
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progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
Il leone dalmata Appoggiata ad uno <strong>dei</strong> massi c’è la<br />
A rendere ancora più sacro e mistico l’ambiente troviamo una statua in bronzo di San<br />
canna di un obice per metà aperto e<br />
Francesco, opera dell’artista Giacinto Bardetti. In questo contesto il santo è visto come<br />
che mostra la rigatura interna, con<br />
asceta, cioè magrissimo e consunto poiché è colui che ha dato tutto per perseguire la<br />
un’attenzione tipicamente dannunziana<br />
propria causa. Anche il Vate, infatti, si sente un martire immolato per la patria e per l’arte, al<br />
per le forme dinamiche di elementi<br />
fine di elevare l’Italia e d’altra parte dal suo punto di vista tra arte ed eroismo in guerra non<br />
della tecnica non direttamente artistici,<br />
ci dovrebbe essere alcuna differenza. Questa statua, così come la croce, conferisce un senso<br />
ma che esprimono particolare energia<br />
di sacralità a tutto l’assemblaggio di oggetti. I riferimenti francescani sono presenti in quasi<br />
lineare. Il fatto che sia fracassata sta<br />
probabilmente ad indicare la sconfitta<br />
tutte le stanze della Prioria: all’ingresso della<br />
sala del Lebbroso, riprendendo la tematica<br />
Le pecore d’Abruzzo<br />
degli invasori d’oltralpe oppure l’enorme<br />
presente qui, ci sono immagini del santo<br />
«forza del fuoco» che, alla fine, l’avrebbe<br />
con pecore e lupi proprio come in questo<br />
lacerata.<br />
contesto, in cui è visto come un pastore.<br />
A destra <strong>dei</strong> massi sacri troviamo un<br />
Sulla sinistra troviamo, infatti, un gregge<br />
leone (che nella frase citata D’Annunzio<br />
di pecore che rappresenta l’infanzia e la<br />
dice essere quello di Sebenico)<br />
giovinezza di d’Annunzio: l’Abruzzo è una<br />
recante la scritta «Victoria tibi Marce evangelista meus» come quello della porta a mare di<br />
terra di pastori e di greggi ai quali il poeta ha<br />
Rovigno, riprodotto in un quadro oggi posto nella sala delle Reliquie e che si trovava dietro<br />
dedicato una sua famosa lirica, ricordando<br />
la scrivania del Comandante nel palazzo del governo di Fiume. A sinistra è posta invece una<br />
la transumanza lungo i tratturi. È probabile,<br />
grande urna cineraria, con evidente allusione funebre, come troviamo anche all’ingresso<br />
perciò, che abbia voluto dedicare in questo<br />
dell’orto della Canefora e davanti alla statua di Antinoo nella sala della Cheli. Accanto al<br />
sacrario uno spazio alle sue origini, secondo<br />
masso dedicato al Veliki è posta una base di colonna recante la scritta sitientibus (agli<br />
assetati) riferita agli assetati di giustizia (contro i nemici della patria), ma anche con una<br />
un suo procedimento tipico nell’allestimento<br />
delle sue installazioni, dove gli elementi<br />
Balilla lancia<br />
l’attacco<br />
San Francesco probabile allusione ad un episodio di guerra nel quale d’Annunzio poiché le riserve d’acqua<br />
artistici e patriottici si uniscono ad altri legati<br />
asceta della patria scarseggiavano anche lui aveva voluto soffrire la sete insieme ai suoi soldati.<br />
alla sua storia personale.<br />
Sempre seguendo sottili corrispondenze<br />
mistico - patriottiche, troviamo alla base<br />
della statua del Bardetti un piccolo bronzetto<br />
raffigurante un lanciatore di sasso con<br />
accanto tre lupi. È probabilmente ispirato<br />
alla statua di Gianbattista Perasso detto<br />
Balilla già presente a Genova nella zona di<br />
Portoria, dove oggi si apre via XX Settembre.<br />
Personaggio che, come è noto, si ribellò agli<br />
austriaci occupanti nel 1746 al grido di «Che<br />
l’inse?» (“La comincio?”) e che rappresenta,<br />
secondo la retorica risorgimentale, la<br />
ribellione degli italiani contro gli invasori<br />
stranieri anche a mani nude.<br />
Tale citazione è unita alla rappresentazione in<br />
miniatura del monumento al 78° reggimento<br />
Lupi di Toscana, impiegato nel Carso nella<br />
Prima Guerra Mondiale, di cui il Vate faceva<br />
parte. Il 6 agosto 1916, quale ufficiale di<br />
collegamento della 45° Divisione, seguì le<br />
fasi dell’assalto per la conquista di Sabotino,<br />
celebrandola poi in un proclama. Il 2<br />
novembre 1916, sul Carso all’espugnazione del Veliki (di cui abbiamo già parlato) e del Faiti,<br />
egli era ancora con il suo reggimento. In tutti i suoi ricordi di guerra e nelle più significative<br />
esaltazioni di eroismo egli stesso amava definirsi «Povero Frate Lupo».<br />
Scrive il poeta nel Libro segreto: «Le caverne del Carso han conosciuto e protetto il meglio<br />
della mia vita mentale, i pensieri senza numero nati da una imagine sola, le musiche ricche<br />
generate dalla monotonia del mio motore volante».<br />
Povero Frate Lupo<br />
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