Percorsi didattici Sulle orme… dei collezionisti - Vie dell'Arte
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progetto 7 Il maestro del fuoco<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
118 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 119 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
pronta a spiccare il folle volo verso le terre di Dalmazia. A guidarla sulla prua è la Vittoria<br />
guerriera dai molti dardi.<br />
Scrive d’Annunzio al Maroni: «Per la dipintura della ‘Puglia’, desidero riflettere [...]. È<br />
probabile che non vorrò il colore ‘adottato dalla Marina’. La ‘Puglia’ [...] si deve vedere da<br />
lontano, ed essere rilevato sul colore della campagna. Studierò.»<br />
Come il volante di sir Henry Segrave e l’elica di De Pinedo, la nave è simbolo di eroismo, è<br />
performance, un’azione estrema nata dalla commistione di passione, tenacia, sofferenza e<br />
morte; quanto più un oggetto porta in sé i simboli della prova, della morte, tanto più è sacro.<br />
Nel secondo albero, si trova il tempietto dedicato ai «Morti del mare»; sul bronzo è inciso un<br />
brano della già citata preghiera All’Adriatica della tragedia La nave con il motto «Fa di tutti gli<br />
oceani il mare nostro», presente anche sulla colonna del «Patto marino» nell’Arengo. Nella<br />
stiva sono raccolti cimeli di guerra, anche questi a ricordo e monito delle esperienze eroiche<br />
passate. Molto cara a D’Annunzio fu questa nave, che fece spesso rivivere, come se mai<br />
si fosse fermata: a volte, infatti, secondo quanto affermato da testimoni dell’epoca, faceva<br />
caricare i cannoni del ponte e dava ordine che sparassero.<br />
La Tomba <strong>dei</strong> levrieri e l’arco del Bios<br />
Rosa simul florivit et statim periit<br />
In una parte del giardino del Vittoriale, tra l’orto <strong>dei</strong> melograni e la tomba della figlia di<br />
d’Annunzio, si trova il cimitero <strong>dei</strong> cani, caratterizzato da un’atmosfera particolarmente<br />
austera e sacrale suggerita dagli alti cipressi che lo contraddistinguono.<br />
Il levriero, come vediamo nella facciata della Prioria, è l’emblema per il poeta della fedeltà<br />
assoluta, quasi folle e la spiegazione ci viene fornita da un passo del romanzo Il fuoco: qui<br />
Effrena racconta che Gog, un levriero regalatogli da lady Myrta, è divenuto storpio perché ha<br />
continuato a correre sulla spiaggia dietro il suo cavallo anche con una zampa rotta.<br />
Le tombe <strong>dei</strong> levrieri sono sparse in una parte del giardino come se questi animali si<br />
stessero ancora muovendo o stessero giocando nascosti tra gli alberi. Essi rappresentano la<br />
caccia, il desiderio irrefrenabile della preda, la brama di possedere e poi distruggere tipica<br />
del poeta, mentre il loro corpo agile e flessuoso è sempre paragonato a quello femminile,<br />
così come il loro forte istinto. È curioso, quindi, che essi rappresentino per aspetti diversi<br />
entrambi i sessi e in un certo senso appaiono perciò animali «androgini».<br />
Inoltre, su alcune lapidi delle tombe d’Annunzio ha scritto in rosso (il colore del sangue e<br />
dell’eroismo) i nomi <strong>dei</strong> suoi levrieri preferiti, cioè Krissa e Zan Zan, mentre sulla terza lapide<br />
il nome non è più leggibile.<br />
La sistemazione di questa parte del giardino ricorda un passo del Libro segreto nel quale<br />
d’Annunzio fa riferimento alla sepoltura di un altro levriero a Fiume, tra i cipressi e questo<br />
pensiero è messo in associazione alle sepolture <strong>dei</strong> fanti. Ciò conferma la solennità associata<br />
a questo animale, che è usato anche con valore simbolico nella Sala del Lebbroso<br />
Questi cani erano i preferiti del poeta, legati alla sua passione per la velocità come anche i<br />
cavalli, le automobili, gli aerei e i motoscafi.<br />
Il corpo stesso di questi animali rappresentava secondo d’Annunzio l’insieme di tutte le virtù<br />
che un animale potesse avere.<br />
Egli era affascinato dalla perfezione <strong>dei</strong> loro corpi <strong>dei</strong> quali nel Fuoco ci fornisce una mirabile<br />
descrizione a proposito di Donovan «Non v’è una macchina più precisa e più possente per la<br />
sua destinazione nella natura. Il muso è aguzzo per fendere l’aria, è lungo perché le mascelle<br />
possano fiaccare la preda al primo colpo. Il cranio è largo tra le due orecchie, per contenere<br />
il più gran coraggio e la più gran perizia. [...] Ma osservate ora le parti più importanti: la<br />
larghezza e la profondità del petto per la lunga lena, l’obliquità delle spalle proporzionata alla<br />
Il sacro rottame<br />
Il sacrario del fedele<br />
levriero<br />
Donec capiam<br />
La perfetta<br />
«macchina» da<br />
caccia