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L'altra metà del cielo

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quando non voleva dire una cosa immediatamente o non dirla affatto.<br />

''Qualcuno prima o poi glielo deve pur dire, il fatto che non abita più con noi ma con te, il fatto che<br />

stavate...state...insieme...''.<br />

A quelle parole il ragazzo e la sua espressione furono catapultate nel più profondo buio, non<br />

immaginando il modo di uscire da quella situazione. L'uomo si accorse di star correndo troppo con<br />

lui e di non poter fare il santo protettore dopo avergli dimostrato solo odio, ribrezzo e disgusto, e<br />

dopo quel breve dialogo Filippo lo lasciò solo, per andare al lavoro, essendo sicuro, ormai, come<br />

tutti, di potersene andare, perché con Giulio c'era sempre lui, Andrea, che in quel momento rimase<br />

seduto e immobile nei suoi pensieri. Era confuso, amareggiato, <strong>del</strong>uso e sofferente per qualcosa che<br />

non aveva potuto evitare e soprattutto per qualcosa che non avrebbe potuto risolvere. Lui non<br />

credeva nel destino, nel caso o nella fortuna ma in quel momento non sapeva se credere ancora nella<br />

vita.<br />

Dopo molto tempo si alzò, avvicinandosi alla macchinetta per prendersi qualcosa da bere e mentre<br />

aspettava l'espulsione <strong>del</strong>la lattina sentì la sua voce. Quella di Giulio.<br />

Stava provando a leggere un articolo di qualche giornale di musica che gli avevano portato ma notò<br />

come la sua voce fosse flebile, incostante, stanca e nervosa. Lui che cercava di leggere, capire e<br />

interpretare tutto, come se fosse musica.<br />

Andrea con la lattina in mano iniziò a proseguire il corridoio che lo portava alla sua stanza e<br />

sentendosi agitato e col cuore pesante decise di rallentare il passo.<br />

Arrivato alla vetrata si nascose per non farsi vedere da lui e iniziò a fissarlo.<br />

Era ogni volta un pugno allo stomaco. Il suo corpo dimagrito a vista d'occhio, i suoi gesti<br />

enormemente affaticati, i suoi ricci lunghi e neri spariti e la sua testa ancora profondamente fasciata,<br />

aveva le occhiaie e un'espressione rabbuiata dal non riuscire a fare le cose come le faceva una volta.<br />

All'improvviso Giulio scagliò la rivista contro al muro. Non ci riusciva! Quel maledetto mal di testa<br />

perenne non riusciva a farlo leggere, suonare, non gli dava tregua. Lui era un tipo iracondo e<br />

impaziente, voleva tutto e che gli riuscisse qualsiasi cosa subito. Non sapeva aspettare, neanche di<br />

riprendersi.<br />

Andrea quasi saltò dallo spavento. Non pensò che potesse fare una cosa così e rimase a bocca<br />

aperta.<br />

Lo vide continuare ad arrabbiarsi con se stesso e con le cose che lo circondavano, ma quel<br />

comportamento gli fece capire che le cose che aveva pensato prima, erano assolutamente ipocrite.<br />

Come aveva pensato di provare rabbia?<br />

Come poteva provare quei sentimenti così inutili nei confronti di Giulio?<br />

Si sentì in colpa. Ma subito pensò che la sua colpa non potesse aiutare il suo ragazzo che stava<br />

combattendo, da solo, contro se stesso e ciò che gli stava succedendo.<br />

Andrea allora entrò di scatto e afferrò Giulio, che stava provando ad alzarsi, togliendosi tutti i fili<br />

medici.<br />

Lo abbracciò.<br />

Lo costrinse quasi con la forza a calmarsi e a rimanere fermo, dicendogli, quasi urlando ''Stai<br />

fermo! Non fare così. Calmati. Ti fai male!''.<br />

Giulio però voleva spaccare tutto quello che trovava sotto mano, sfogare tutta la rabbia che aveva in<br />

corpo per non scoppiare di dolore e voleva soprattutto essere lasciato in pace.<br />

''Lasciami! Che cazzo vuoi?'' gli urlò allora.<br />

Andrea non pensò a rispondere ma si sforzò di levargli i fili dalle mani e pensò che quel contatto<br />

con suo corpo gli era mancato, troppo. ''Sono uno che non vuole che tu ti faccia male!!'' gli disse,<br />

spazientito dalla sua cocciutaggine.<br />

I due si divincolarono ancora tra spinte e grida, fin quando Giulio si calmò, quasi sforzato dalla<br />

stanchezza. Era imbronciato e Andrea sorridendo, sfinito sulla sedia accanto al suo letto, disse<br />

''Perché quel broncio?''.<br />

''Voglio andarmi a fare un cavolo di giro fuori! C'è anche il sole!'' rispose allora, il giovane Castelli.<br />

''Beh ma secondo me sei ancora debole! Magari quando ti riprendi ancora un po' ti ci fai portare da<br />

qualche bella infermiera <strong>del</strong> reparto!''.

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