"La CittÃ dell'Oro" di Emilio Salgari - Altervista

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– Sono riuscito a saperlo – disse don Raffaele, abbassando la voce. – Egli era uno dei più valorosi indiani della tribù dei cassipagotti, alleata degli eperomerii e degli orecchioni, ma assai ambizioso, a quanto ho potuto comprendere, e aspirava a diventare il capo supremo dei figli del Sole. Ma un altro, pure valoroso, aspirava a tale carica, certo Yopi. Morto il capo, si contesero accanitamente la carica, ma pare che le tribù alleate fossero più favorevoli alla nomina di Yopi che a quella di Yaruri. Il fatto è che quest'ultimo non fu nominato e giurò odio eterno, non solo contro il rivale, ma anche contro tutte le tribù. Egli certo sapeva degli sforzi tentati dagli esploratori bianchi per accertare l'esistenza della famosa città e perciò è venuto da noi. Senza dubbio egli spera in una invasione d'uomini bianchi per far precipitare Yopi. – Non facciamo una bella parte in questa faccenda, cugino – disse Alonzo. – Ci facciamo i paladini d'un traditore. – A me basta constatare l'esistenza dell'Eldorado, – disse don Raffaele, – e ciò nell'interesse della storia e della geografia. Di Yopi e di Yaruri non mi occuperò e li lascerò a disputarsi il potere. Se non avremo i tesori promessici da Yaruri, ne faremo senza. Sono abbastanza ricco oggi e tu, lo sai bene, sei il mio erede. – Grazie, cugino – disse Alonzo, sorridendo. – Ma quando saremo giunti a Manoa, Yaruri reclamerà il nostro aiuto. – Cercheremo di fare qualche cosa per lui, ma se le tribù dei figli del Sole rifiutano di accettarlo come capo, se la sbrigherà da solo. Un urto violentissimo che per poco non capovolse la scialuppa, li fece cadere l'uno addosso all'altro, troncando di colpo la conversazione. – Mille fulmini! – esclamò Alonzo, rialzandosi prontamente. – Cosa succede? 112
– Yaruri, abbiamo urtato? – chiese don Raffaele. – Ma no, padrone – rispose l'indiano. – Non vi sono rocce, né bassifondi dinanzi a noi. Un nuovo urto, più potente del primo fece indietreggiare la scialuppa e la rovesciò sul babordo, facendole imbarcare parecchie ondate. Don Raffaele ed i suoi compagni, impugnate delle scuri e dei fucili si precipitarono verso prua e videro una massa enorme agitarsi dinanzi alla scialuppa. – Un lamantino! – gridò il dottore. – Mano alle scuri ed ai fucili! 113
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YARURI - Bada, Alonzo! Se ti piomba
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americana aveva preso lo slancio ed
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- Forse - rispose l'indiano con un
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- Ma impazzisci? - No, Alonzo, il m
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LA LEGGENDA DELL'ELDORADO Don Raffa
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incrocio di negri e d'indiani, pers
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peregrinazioni sul fiume gigante, v
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fantasia d'alcuni illusi. - Niente
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sapevano colorire le stoffe. - Ma c
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UNA FUGA MISTERIOSA Udendo quel gri
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obusti negri, si misero alacremente
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disponendole in modo che non potess
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piantagione nulla perderà della su
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ma tutte queste ultime non sono che
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quanto l'intero loro corpo, emettev
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istanti di silenzio. - Io non so il
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UN FUOCO SOSPETTO Presso uno di que
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infernale. - Buona indigestione! -
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ad una distanza di tre o quattrocen
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- Il consiglio è prudente, - disse
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- Questa sabbia è troppa dura - ri
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che le grida scordate ma potenti di
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- A cena! - esclamò in quell'istan
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in viaggio. Contavano di fare la se
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di base alla capanna. Bastò a loro
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cinghiali, o meglio dei pecari e de
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come lo chiamano loro, e le loro ar
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- Ma, disgraziato, tu morrai se non
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ebbero trasportati moltissimi. Allo
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- Allora conta su di noi. - Ho la t
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L'INCANTATORE DI SERPENTI Quella sa
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le colonne. - Quale magnificenza!..
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ai piedi della montagna prima dell'
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affascinanti per quella turba di se
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UN ESERCITO DI RETTILI Don Raffaele
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Muoveva dritto verso la barricata d
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fuggivano da tutte le parti emetten
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agitando le loro armi e mandando al
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IL TEMPIO DEL SOLE La notte era dis
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- Dov'è questo Yopi? - A Manoa. -
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- Sono cuchuchu, specie di tartufi
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d'una specie di manto intessuto con
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ed interrotte da boschi di cespugli
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CONCLUSIONE Cinque ore dopo don Raf
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