La trasformazione di società in trust - Reggio Emilia

su posizioni univoche: per insolvenza deve intendersi l’incapacità dell’imprenditore di
continuare ad operare sul mercato fronteggiando le obbligazioni contratte attraverso
l’impiego di mezzi ordinari 19 .
Proprio dalla lettura di questa definizione sorge un primo quesito: può (in ipotesi) andare
assolto l’imprenditore che avrebbe sì potuto versare l’IVA, ma sarebbe stato costretto a
ricorrere a mezzi straordinari
La facile tentazione sarebbe quella di prendere in esame il patrimonio dell’impresa, andando
a verificare se quest’ultima disponeva di cespiti che, venendo tempestivamente liquidati
(magari svenduti), avrebbero consentito di reperire la liquidità necessaria all’adempimento
degli obblighi tributari prima della scadenza del termine sancito dall’art. 10-ter.
La riposta dovrebbe essere – a nostro modo di vedere – negativa.
Una diversa lettura – riteniamo di potere affermare – mal si concilierebbe con le norme (art.
41 Cost.) che tutelano la libertà di impresa e rischierebbe – ciò che più conta – di esporre lo
stesso imprenditore a pericolose violazioni delle norme penali contenute nella normativa
fallimentare.
Non può cioè sostenersi – a nostro avviso – che l’imprenditore, chiamato a far fronte ai
propri debiti tributari, sia per questo tenuto a svendere importanti cespiti aziendali o,
comunque, a smembrare l’azienda: la liquidazione dei cespiti è una strada che in tanto può
essere considerata percorribile, in quanto non pregiudichi la continuità aziendale e non
comporti un sostanziale depauperamento dell’impresa, né un’ingiustificata preferenza a
vantaggio di taluni creditori (qui, l’Erario) ed in danno di altri.
A sostegno della nostra tesi, è sufficiente richiamarsi alla stessa esistenza di apposite
procedure concorsuali che, nelle situazioni di grave insolvenza, disciplinano la liquidazione
dell’intera azienda proprio al fine di meglio tutelare – secondo la valutazione del Legislatore
– gli interessi prima visti.
19 In questo senso, tra molte, Cass. civ., 27 febbraio 2001, n. 2830. La giurisprudenza delle Sezioni Civili del
Supremo Collegio applica, nel definire il concetto di insolvenza, tre canoni fondamentali: irrilevanza della
superiorità dell’attivo sul passivo patrimoniale, sostanziale irrilevanza delle cause del dissesto (il giudice non va
ad indagare sul punto, dovendosi limitare a prendere atto delle manifestazioni esteriori dello stato di insolvenza,
quali gli inadempimenti, i pagamenti anomali, l’occultamento o la svendita di beni, ecc.) e lo stato di illiquidità.
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