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Neuroscienze e dipendenze - Dipartimento per le politiche antidroga

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DIECI CONSIGLI PER IL BUON USO DEL NOSTRO CERVELLO: DALLE NEUROSCIENZE INDICAZIONI PRATICHE PER GLI EDUCATORI - 259<br />

ficacia o <strong>le</strong> connessioni anatomiche del<strong>le</strong> vie nervose<br />

preesistenti (Kandel 2003). Anche <strong>le</strong> alterazioni mentali<br />

che sono più strettamente <strong>le</strong>gate a fattori sociali devono<br />

avere un correlato biologico in quanto è l’attività cerebra<strong>le</strong><br />

stessa che viene modificata. Perciò, se gli interventi<br />

di tipo socia<strong>le</strong> o psicologico, come l’aiuto della famiglia<br />

e degli amici o la psicoterapia, si rivelano utili, lo sono in<br />

quanto agiscono sul cervello e, con ogni probabilità, sull’efficacia<br />

del<strong>le</strong> connessioni fra <strong>le</strong> cellu<strong>le</strong> nervose.<br />

LO SVILUPPO<br />

Quando si parla di sviluppo non ci si riferisce ad un processo<br />

lineare ed omogeneo, bensì ad un comp<strong>le</strong>sso divenire<br />

di diverse variabili endogene che si intersecano, a<br />

loro volta, con variabili ambientali. Lo sviluppo avviene<br />

attraverso interazioni dinamiche tra l’organico (potenzialità<br />

e vulnerabilità) e l’es<strong>per</strong>ienzia<strong>le</strong> (funziona<strong>le</strong> o disfunziona<strong>le</strong>)<br />

<strong>per</strong> dar luogo a transazioni sistemiche. Di conseguenza<br />

un individuo non può giungere all’autodeterminazione<br />

se non gradualmente, dinamicamente, in<br />

relazione al<strong>le</strong> fasi di sviluppo e in sinergia sistemica tra<br />

dotazione biologica ed es<strong>per</strong>ienze vissute.<br />

In altre paro<strong>le</strong>, dall’interrelazione dinamica tra cervello<br />

(fisiologia, biologia, genetica) e ambiente (socioeducativo<br />

e affettivo) dipendono tempi, modi e qualità<br />

dello sviluppo individua<strong>le</strong> in quanto incessante relazione<br />

dinamica tra <strong>le</strong> diverse dimensioni di ciò che è interno al<br />

soggetto e <strong>le</strong> diverse dimensioni di ciò che lo circonda<br />

(es<strong>per</strong>ienza). Non c’è individuo senza interazioni a tutti<br />

i livelli: in questo universo relaziona<strong>le</strong> rientra a pieno titolo<br />

il rapporto tra adulti e bambini o ragazzi.<br />

IL RUOLO DEGLI EDUCATORI<br />

Considerando che lo sviluppo umano è dato dal più o<br />

meno armonioso incontro del substrato organico con<br />

l’ambiente di relazione dell’individuo, il ruolo dell’adulto<br />

è fungere da mediatore saggio, maturo, consapevo<strong>le</strong>, tra<br />

questi due habitat. In altre paro<strong>le</strong>, l’intervento educativo<br />

deve far sì che possa aver luogo questo incontro fisiologico<br />

e dinamico nel modo migliore, predisponendo <strong>per</strong> quanto<br />

possibi<strong>le</strong> un ambiente stimolativo adeguato all’espressione<br />

del<strong>le</strong> potenzialità innate. Per questo motivo è importante<br />

che genitori, insegnanti ed educatori conoscano bene lo<br />

sviluppo neurofisiologico. L’educazione non deve limitarsi<br />

a fornire dati di conoscenza (informazione) ed a <strong>per</strong>mettere<br />

la formazione, ma deve rappresentare lo strumento<br />

e<strong>le</strong>ttivo dello sviluppo dell’individualità, dato dall’incontro<br />

tra natura e cultura. Genitori, insegnanti e educatori<br />

hanno un ruolo importantissimo in questo processo di sviluppo,<br />

un ruolo comp<strong>le</strong>sso e di grande responsabilità, soprattutto<br />

nella fase storica attua<strong>le</strong> in cui emerge una terza<br />

dimensione nel<strong>le</strong> relazioni umane, quella virtua<strong>le</strong>.<br />

Come abbiamo visto precedentemente, possiamo<br />

dire che lo sviluppo fisico del cervello è in buona parte<br />

es<strong>per</strong>ienze-dipendente e la principa<strong>le</strong> fonte di es<strong>per</strong>ienza<br />

<strong>per</strong> ogni bambino proviene dal tipo di accudimento<br />

che riceve e dall’attaccamento che stabilisce con<br />

chi si prende cura di lui. Nella prima fase di sviluppo,<br />

quindi, allorquando il bambino vive soprattutto di<br />

emozioni, il ruolo dell’adulto è quello di <strong>per</strong>mettere il<br />

radicarsi di un solido attaccamento che porti il bambino<br />

ad avere sicurezza in se stesso. Se l’adulto che si occupa<br />

del bambino è presente, disponibi<strong>le</strong>, accogliente,<br />

empatico, ossia se sa rispondere con coerenza e costanza<br />

ai bisogni affettivi e materiali del bambino, darà luogo<br />

ad un attaccamento sicuro che consentirà al bambino di<br />

essere sereno e capace di distaccarsi dalla figura di accudimento<br />

<strong>per</strong> iniziare i primi processi di autonomiaesplorazione.<br />

I neonati e i bambini non hanno una conoscenza<br />

estesa del mondo, ma sanno molto sul modo in cui ottenerla.<br />

Anche loro non imparano tramite una passiva reazione<br />

all’ambiente, bensì apprendono tramite una verifica<br />

attiva condotta attraverso osservazione, ipotesi, es<strong>per</strong>imento<br />

e conclusioni. Questo approccio scientifico è<br />

consentito da specifiche aree del cervello.<br />

I bambini sono esploratori naturali mossi da una<br />

forte spinta, quindi, gli adulti devono cercare di metterli<br />

nel<strong>le</strong> migliori condizioni <strong>per</strong> l’esplorazione.<br />

Nell’es<strong>per</strong>ienza intersoggettiva, il cervello continua<br />

ad acquisire informazioni utili alla plasticità neurona<strong>le</strong>,<br />

ad aumentare quell’arborizzazione dendritica che andrà<br />

a vicariare anche la diminuzione dei neuroni conseguente<br />

all’invecchiamento, <strong>per</strong>mettendo all’individuo di<br />

rimanere giovane nel proprio cervello attivo, recettivo,<br />

desideroso di conoscere e di s<strong>per</strong>imentarsi nell’intero<br />

arco della sua esistenza.<br />

INDICAZIONI PRATICHE<br />

John Medina è il direttore del Brain Center for Applied<br />

Learning Research della Seatt<strong>le</strong> Pacific University.<br />

Questo neuroscienziato ha pubblicato recentemente<br />

(2010) un libro molto divulgativo dal titolo “Il<br />

cervello. Istruzioni <strong>per</strong> l’uso” in cui afferma che raramente<br />

gli scienziati che studiano il cervello dialogano<br />

con educatori, insegnanti, provveditori agli studi, e<br />

professionisti del mondo del lavoro, e di conseguenza<br />

<strong>le</strong> sco<strong>per</strong>te sullo sviluppo e sul funzionamento cerebra<strong>le</strong><br />

non arrivano ad apportare il loro contributo concreto<br />

nei luoghi in cui potrebbero essere utilmente applicate.<br />

La maggior parte del<strong>le</strong> <strong>per</strong>sone non ha idea di come<br />

funzioni il cervello, <strong>per</strong> questo motivo Medina si è posto<br />

l’obiettivo di presentare, in modo divulgativo, alcuni<br />

aspetti relativi al funzionamento cerebra<strong>le</strong> che chiama<br />

“rego<strong>le</strong>”, di cui illustra il contenuto proveniente dal<strong>le</strong>

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