Neuroscienze e dipendenze - Dipartimento per le politiche antidroga
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34 - E<strong>le</strong>menti di NEUROSCIENZE E DIPENDENZE<br />
IL CRAVING E IL SUO FRONTEGGIAMENTO<br />
Il craving è il desiderio impulsivo <strong>per</strong> una sostanza psicoattiva,<br />
<strong>per</strong> un cibo o <strong>per</strong> qualunque altro oggetto-comportamento<br />
gratificante: questo desiderio impulsivo sostiene<br />
il comportamento “addittivo” e la compulsione finalizzati<br />
a fruire dell’oggetto di desiderio (Serpelloni &<br />
Gerra, 2002).<br />
La <strong>per</strong>sona in fase di craving s<strong>per</strong>imenta una tensione<br />
a consumare la sostanza, ha un pensiero ossessivo ricorrente<br />
all’assunzione della sostanza, sino alla <strong>per</strong>dita del<br />
controllo dei propri impulsi nei confronti di essa.<br />
Il craving viene definito come l’es<strong>per</strong>ienza soggettiva<br />
dello stato motivaziona<strong>le</strong> direttamente responsabi<strong>le</strong> del<br />
consumo di sostanze in soggetti dipendenti, una sorta di<br />
<strong>per</strong>cezione interna dei livelli di compulsione nei confronti<br />
dell’alcool e del<strong>le</strong> droghe. Il craving sarebbe prontamente<br />
stimolato da fattori previamente associati con la<br />
sostanza, e<strong>le</strong>menti capaci di svolgere un ruolo “trigger”,<br />
cioè che innescano con un meccanismo di condizionamento,<br />
e <strong>per</strong> associazione di idee, il desiderio della gratificazione<br />
ottenuta chimicamente (Meyer 2000).<br />
Il craving rappresenta il desiderio <strong>per</strong> gli effetti della<br />
sostanza di cui il soggetto ha già fatto es<strong>per</strong>ienza e che<br />
sono risultati gratificanti. Gli e<strong>le</strong>menti portanti a supporto<br />
del craving sarebbero:<br />
– l’impiego eccessivo della sostanza, in particolare durante<br />
l’astinenza dopo un <strong>per</strong>iodo di dipendenza;<br />
– il cambiamento della soglia della gratificazione a livello<br />
del sistema nervoso centra<strong>le</strong>, con stati affettivi negativi,<br />
e i “rinforzi” indotti a partire da meccanismi condizionati.<br />
Dal punto di vista del<strong>le</strong> aspettative del paziente vengono<br />
distinte due forme di craving:<br />
– il “craving negativo” ovvero la preoccupazione di assumere<br />
la sostanza <strong>per</strong> evitare l’astinenza;<br />
– il “craving positivo” prodotto dalla ricerca di un “reward”,<br />
la compulsione nei confronti della sostanza sostenuta<br />
dall’aspettativa di una di una gratificazione<br />
(Petrakis 1999).<br />
La relazione tra craving e impiego addittivo del<strong>le</strong> sostanze<br />
non è semplice da spiegare poiché la semplice assunzione<br />
del<strong>le</strong> sostanze psicoattive che segue i ritmi e <strong>le</strong><br />
modalità del comportamento addittivo è regolata da un<br />
processo automatico, mentre il craving comporta l’attivazione<br />
di un meccanismo cognitivo che non corrisponde<br />
ad un processo automatico.<br />
L’urgenza di utilizzare la sostanza (craving) è connessa<br />
con un conflitto nell’ambito cognitivo tra la motivazione<br />
all’assunzione dell’alcool o della droga, da un lato, e la<br />
consapevo<strong>le</strong>zza del rischio che ne deriva, dall’altro. In<br />
quest’ottica dunque il craving diviene funzione di diversi<br />
fattori che interagiscono in un mutevo<strong>le</strong> equilibrio con<br />
il mondo intrapsichico e con <strong>le</strong> interferenze ambientali.<br />
Il livello di craving dipende dunque da vari fattori,<br />
primo tra tutti il desiderio della sostanza, sostenuto dall’esposizione<br />
a stimoli condizionanti (cue), dallo stress e<br />
da condizioni a rischio del tono dell’umore (trigger<br />
mood) (Szegedi 2000). Con questo fattore di base interferisce<br />
la capacità di adattamento <strong>le</strong>gata ai tratti tem<strong>per</strong>amentali,<br />
al<strong>le</strong> caratteristiche psicologiche e agli eventuali<br />
disturbi psichiatrici, nonché la consapevo<strong>le</strong>zza del rischio<br />
connessa con la storia individua<strong>le</strong>, i fattori culturali, ambientali<br />
e relazionali.<br />
Per craving si intende la pulsione che porta il soggetto<br />
ad attivare una serie di pattern comportamentali finalizzati<br />
all’assunzione della sostanza; il fronteggiamento<br />
del craving consiste, invece, nella capacità di controllare<br />
questa pulsione arrivando a posticiparla o annullarla.<br />
Il Sistema Attentivo Su<strong>per</strong>visore (SAS), di cui ho parlato<br />
precedentemente, interviene <strong>per</strong> controllare la realizzazione<br />
dei comportamenti diretti ad uno scopo e<br />
dunque dovrebbe agire anche quando il comportamento<br />
in questione è l’assunzione di sostanze. Allora anche la<br />
possibilità di modulare il desiderio del comportamento<br />
di assunzione e di rimandarne o annullarne l’esecuzione<br />
dovrebbe essere <strong>le</strong>gata al corretto funzionamento della<br />
corteccia prefronta<strong>le</strong>. Shallice (1988) sostiene che la corteccia<br />
prefronta<strong>le</strong>, che o<strong>per</strong>a come SAS, una volta danneggiato<br />
da una <strong>le</strong>sione, non riuscirebbe più a svolgere <strong>le</strong><br />
sue attività e lascerebbe quindi il comportamento del paziente<br />
sotto il controllo unicamente del contention schedulig.<br />
Questo fenomeno si potrebbe verificare anche<br />
nella tossicodipendenza in conseguenza del<strong>le</strong> alterazioni<br />
provocate al cervello dall’uso prolungato di sostanze. Secondo<br />
questa prospettiva la dipendenza in fase avanzata<br />
potrebbe essere considerata una sorta di sindrome disesecutiva.<br />
L’e<strong>le</strong>mento più importante del craving nel predire<br />
l’impiego del<strong>le</strong> sostanze è il livello di salivazione durante<br />
l’esposizione ai cue, cioè <strong>le</strong> immagini trigger: il livello di<br />
salivazione predice l’utilizzo di sostanze indipendentemente<br />
dagli stimoli o dall’attenzione.<br />
Rispetto alla reattività di fronte a immagini “cue”, capaci<br />
di suscitare un certo livello di craving in laboratorio,<br />
il desiderio impulsivo <strong>per</strong> la sostanza registrato sul<br />
campo, e cioè in condizioni cliniche ordinarie, è maggiormente<br />
correlato con la rea<strong>le</strong> assunzione della sostanza<br />
e l’intensità della dipendenza. D’altra parte non sempre<br />
si è verificata una correlazione stretta tra craving misurato<br />
in condizioni di laboratorio e craving sul campo.<br />
Per ciò che riguarda <strong>le</strong> misurazioni del craving, è nota<br />
la semplice metodologia che impiega una scala analogica<br />
visiva di 100 mm; l’urgenza di assumere la sostanza può<br />
anche essere misurata attraverso il <strong>per</strong>sistere dei disturbi<br />
astinenziali, in particolare l’insonnia.<br />
Si parla di “situational craving” e cioè una condizione<br />
in cui <strong>le</strong> misure del craving dipendono dalla esposizione<br />
a fattori ambientali. Anche l’esposizione s<strong>per</strong>imenta<strong>le</strong> ai<br />
cue, quindi, dovrebbe tener conto degli aspetti connessi<br />
con specifiche “situazioni” ambientali in cui l’e<strong>le</strong>mento<br />
trigger è inserito. Emergono diverse vie sensoriali, stra-