coltà, spinge i ragazzi verso una formazione a carattere più pratico e menoastratta e verbale. Va detto tuttavia che questa motivazione non sempre trovapoi riscontro nella realtà, dal momento che spesso nei corsi professionalinon vi sono attenzioni e dispositivi linguistici “dedicati” per coloro che devonoaffinare le loro competenze in italiano.- il ritardo scolasticoUna parte consistente dei ragazzi stranieri, al momento della scelta dellascuola superiore, si trova in situazione di ritardo scolastico di uno, due o piùanni, come abbiamo visto, a causa dell’inserimento in una classe inferioreall’età. E questa situazione limita e riduce le possibilità di istruzione superioree può far desistere i minori stranieri dall’intraprendere un progetto di formazionetroppo lungo e dilatato nel tempo.- le aspettative e l’orientamento <strong>degli</strong> insegnantiLe aspettative <strong>degli</strong> insegnanti - e di chi si occupa di orientamento - neiconfronti <strong>degli</strong> alunni stranieri possono essere più basse, rispetto a quelleche si hanno verso gli autoctoni (sia in nome delle condizioni economiche efamigliari; sia per un atteggiamento non sempre efficace e promozionale di“protezione”) e portare a indirizzarli verso una formazione che viene giudicatapiù facile e accessibile.Vecchie e nuove disuguaglianzeL’inserimento nella scuola superiore italiana dei ragazzi stranieri, soprattuttodi recente immigrazione, rappresenta un problema relativamente nuovo alquale la scuola deve dare risposte positive. Costituisce per gli adolescenticoinvolti una sfida complessa e segnata spesso da vissuti di regressione,frustrazioni, perdita di motivazione. Si deve ricominciare tutto da capo in unnuovo contesto, del quale si ignorano le regole, esplicite e implicite, non sicomprendono le parole e i gesti, si fraintendono le mete e i modi di funzionamento.Per un periodo più o meno lungo, i ragazzi neoarrivati stanno spesso in classeirrigiditi e silenziosi in attesa che gli eventi del quotidiano e le parole dellascuola diventino trasparenti e significativi. L’esperienza scolastica precedentepresenta quasi sempre delle differenze importanti e non sempre aiutaa ri-orientarsi. In genere, i ragazzi immigrati hanno sperimentato modalitàpedagogiche e didattiche di tipo più tradizionale e trasmissivo e modelli disciplinariespliciti, rigidamente osservati e regolati da sanzioni precise. Nellascuola italiana, le regole appaiono più opache o meno evidenti, la gestionedella disciplina è meno rigida, la relazione tra gli alunni e gli insegnanti è piùimmediata e vicina.23
I loro genitori inoltre difficilmente sono in grado di aiutarli. Nella ricerca giàcitata (Dalla Zuanna, Farina, Strozza 2009), condotta tra i ragazzi che frequentanola scuola media, è emerso che gli stranieri ricevono aiuto a casaper i compiti dai genitori nel 25 % dei casi, mentre tra gli italiani il dato è quasiil doppio, pari al 47% (sale al 70% fra coloro che hanno un genitore laureato).La scuola italiana ancora oggi, forse più di ieri, è modellata sulle esigenze dichi - italiano o straniero - ha una famiglia alle spalle in grado di integrare eapprofondire le conoscenze scolastiche grazie agli aiuti per i compiti a casae a stimoli culturali in linea con i contenuti curricolari proposti alla classe.Pur svolgendo dunque un lavoro importante di integrazione e di socializzazione,la scuola, come ai tempi di don Milani, continua a perpetuare da unagenerazione all’altra le differenze sociali. Le nuove disuguaglianze si sovrappongonoalle vecchie: alle differenze di reddito, condizione economica escolarità dei genitori si aggiungono quelle relative alla nazionalità, al vissutomigratorio, alla provvisorietà, alla mancanza di reti sociali, alla scarsità di stimoliculturali. Per gli alunni stranieri, le difficoltà scolastiche non hanno dunquea che fare solo con le questioni linguistiche, ma anche con la scarsità dibeni e oggetti culturali, con l’impossibilità dei genitori di aiutarli a risponderealle esigenze che provengono dalla scuola e garantire loro una situazionemateriale e di contesto propizia allo studio. In altre parole, ancora oggi comeieri, un “buon alunno” ha in genere alle spalle un “buon” genitore che è nellecondizioni di rispondere in maniera adeguata alle richieste della scuola. E chiha genitori che - per ragioni linguistiche, sociali, culturali - hanno difficoltà adassumere con efficacia un ruolo di mediatore e accompagnatore del viaggiodentro la scuola e l’apprendimento si trova a percorrere questo cammino insolitudine, contando solo sulle proprie risorse.Una scuola che cambiaL’incremento significativo della presenza<strong>degli</strong> alunni stranieri si colloca dentrouna scuola che è stata ed è tuttoraattraversata da molteplici cambiamenti- normativi, ordinamentali, organizzativi,di indirizzo. Essi si succedono unodopo l’altro in tempi veloci, spessosenza la possibilità di una sedimentazionee di una valutazione puntualedei dispositivi e delle <strong>pratiche</strong>. Aduna riforma ne segue subito un’altra;nuove parole/chiave sono per un po’alla ribalta e poi cadono nell’oblio;alcuni dispositivi vengono annunciati, mamai veramente attuati. Ciò ha prodotto, da un lato, una sorta di usura esvuotamento delle parole e <strong>degli</strong> annunci e, dall’altro, uno scollamento tra le24
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