FuoriAsse #20
Officina della cultura
Officina della cultura
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minimo d’igiene fra una prestazione e<br />
l’altra.<br />
Accanto alla pila in cemento era sistemato<br />
uno sgabello di legno, corroso da<br />
un’infinità di tarme, imbottito con zammarra<br />
4 e privo di spalliera.<br />
Ai due lati del materasso, una costellazione<br />
di svirgolate (di sicura matrice organica)<br />
riconduceva, sia pure lontanamente,<br />
a sublimi opere del grande Mirò.<br />
Infine, e a perenne dimostrazione di<br />
un’attività che non trovava sosta neppure<br />
nei giorni di festa, in un angolo spiccava<br />
una meravigliosa stalattite alimentata<br />
dal deflusso di una grossa candela<br />
accesa.<br />
Era quello il modo in cui l’insano pagliericcio,<br />
povero teatro di mute scorribande,<br />
era illuminato. All’interno dell’alcova,<br />
adatta solo per propiziare riti<br />
satanici, la donna cominciò a togliersi i<br />
veli palesando al mio sguardo tutte le<br />
sue grazie in verità poco aggraziate.<br />
Onorai con orgoglio e fino in fondo il<br />
buon nome del mio casato e riuscii a<br />
non naufragare in quel mare fatto di<br />
squallore, miseria e tristezza.<br />
Rituzza, donna di gran mestiere, alla<br />
fine apparentemente appagata, volle sin -<br />
cerarsi circa il mio gradimento per quella<br />
sua prestazione a suo dire speciale e<br />
d’alta qualità.<br />
L’episodio non lasciò in me né traumi<br />
sconvolgenti, né particolari esaltazioni,<br />
mi rimase impresso, semmai, lo sguardo<br />
rubato a quella donna nella penombra<br />
della propria alcova, sguardo che racchiudeva,<br />
di là dell’apparente sicurezza,<br />
anche tanta sofferenza.<br />
Volare sulle ali di quel motociclo era<br />
diventato per noi e per me in particolare,<br />
motivo e modo di vivere e neppure le<br />
intemperie atmosferiche erano da ostacolo<br />
o ci ponevano dei limiti.<br />
Così, muniti d’ombrello e mangiadischi<br />
e con dentro il bauletto del Vespino tanti<br />
dischi a 45 giri, un sabato pomeriggio ci<br />
avventurammo verso la tenuta di campagna<br />
dove risiedeva con la famiglia in<br />
certi periodi dell’anno Teresa.<br />
Era costei, una ragazzina dai lineamenti<br />
minuti e delicati e dal sorriso accattivante.<br />
Frequentava la Scuola Media ed era<br />
amica e compagna di classe di Rosetta,<br />
figlia della mia maestra elementare.<br />
Fu proprio lei, a casa da Rosetta, dove<br />
eravamo soliti andare, ad indicarmi con<br />
esattezza quella località di campagna<br />
dove risiedevano e ad invitarmi a percorrerne<br />
gli itinerari, dopo la chiusura<br />
delle scuole, al fine di poterci ancora<br />
incontrare.<br />
Idealizzare una ragazza così disponibile<br />
e carina e che non dimostrava di farsi<br />
un problema del mio problema, fu ancora<br />
una volta, per me, conseguenza logica<br />
e spontanea.<br />
Arrivati, ci fermammo col motorino al<br />
finire di una curva in leggera pendenza<br />
e la sua abitazione mi apparve alla sommità<br />
di una piccola collinetta, allo stesso<br />
modo e così come lei l’aveva descritta.<br />
Come per incanto cessò anche di piovere<br />
e il raggio di sole che s’infiltrò fra le<br />
ovattate nuvole disposte a pennacchi giganteschi<br />
si riflesse sull’erba accendendo<br />
una miriade di stelle luccicanti.<br />
Fummo immersi per qualche minuto in<br />
un’atmosfera da favola, finché Totò non<br />
mi riportò alla realtà chiedendomi cos’al -<br />
tro a quel punto si doveva fare.<br />
Intanto egli prese a sistemare il Vespino<br />
sopra il traballante cavalletto, poggiò il<br />
mangiadischi sull’ampio bastione costruito<br />
ai margini di un piccolo viadotto,<br />
ripiegò l’ombrello, simile per grandezza<br />
ad un ombrellone da spiaggia, si sfregò<br />
energicamente le mani come per dirmi<br />
4 Tipo di imbottitura a filamenti ricavata dall’omonima pianta.<br />
FUOR ASSE<br />
20 Riflessi Metropolitani