03.08.2017 Views

FuoriAsse #20

Officina della cultura

Officina della cultura

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Vaga, indecifrabile eppure minuziosa<br />

fino a sembrare perversamente reale;<br />

bellissima e meravigliosa perché filtrata<br />

dalle teorie più fantasiose come quella<br />

dei draghi infestanti il sottoterra e dei<br />

giganti mummificati, alti 200 cubiti,<br />

sbriciolati al solo tocco dell’aria: questa<br />

è la mappa del Mundus subterraneus<br />

sviluppata nel 1665 da Athanasius Kircher<br />

(1602-1680), gesuita, sapiente enciclopedico,<br />

alchimista che nella elaborazione<br />

del suo “geocosmo” reputava<br />

menzogna solo la presenza dei nani<br />

nelle caverne sotterranee, abitate bensì<br />

da demoni e per giustificare le correnti<br />

oceaniche aveva elaborato la teoria di<br />

un gigantesco Maelström al Polo Nord<br />

che inghiottiva in gorgo le acque poi violentemente<br />

espulse al Polo sud.<br />

Tanto deve a questa visionarietà Claudia<br />

Losi, artista piacentina (1971) che<br />

sceglie il passo lento del ricamo per<br />

costruire agugliata dopo agugliata quel<br />

gutturale gorgo del polo nord di Athanasius<br />

Kircher, mentre sarà proprio un inghiottito<br />

precipizio d’acqua schiumosa e<br />

nera, il buco fluttuante di Descension<br />

Anish Kappor nel 2014.<br />

©Claudia Losi, Immagine tratta da Athanasius Kircher Mundi<br />

- Courtesy Collezione Maramotti<br />

FUOR ASSE<br />

29<br />

How do I imagine being there? Come<br />

immagino di essere lì si chiede Claudia<br />

Losi che dà questo titolo a un suo allestimento<br />

del 2016 nelle sale della Collezione<br />

Maramotti a Reggio Emilia,<br />

un’espressione così geograficamente lon -<br />

tana dal perentorio e assertivo You are<br />

here di Google Maps, che vuole certificare<br />

la nostra presenza nell’ologramma di<br />

un puntino sul video del cellulare.<br />

La mostra di Claudia Losi è una cronaca<br />

di viaggio che prende avvio da un<br />

reale approdo alle isole di S.ta Kilda, a<br />

Nord della Scozia, nel 2012. Un viaggio<br />

è sempre una spedizione di salvataggio,<br />

la documentazione e la raccolta di qualcosa<br />

che sta per estinguersi; forse l’artista<br />

piacentina si è spinta verso l’arcipelago<br />

sulla scia di un messaggio ritrovato<br />

in bottiglia, anzi in una mailboat, il minuscolo<br />

contenitore in legno legato ad<br />

una vescica di pecora, che i rari abitanti<br />

dell’arcipelago lasciavano alle correnti<br />

marine come unico mezzo di comunicazione<br />

agli inizi del secolo scorso. È difficile<br />

certo “imballare” un paesaggio, una<br />

geografia che scompare e Losi si chiede<br />

più volte quale sia il linguaggio più incisivo<br />

per raccontare un luogo che subito<br />

si trasforma in coscienza del luogo.<br />

Geograficamente le isole di S.ta Kilda<br />

sono l’arcipelago più occidentali delle<br />

Ebridi; costituite da rocce magmatiche<br />

fra graniti e gabbri, sono duramente colpite<br />

dai venti in un incessante flusso di<br />

correnti da Finis Terrae. Inoltre l’arcipelago<br />

rappresenta quanto resta di un<br />

antico vulcano a forma di anello.<br />

Ecco: nella Losi nasce una esortazione<br />

gentile a prestare attenzione, uscire dalla<br />

strada maestra, a cercare terre oltre<br />

le terre viste. A perdersi nella memoria e<br />

costruirsi le proprie mappe, cogliendo<br />

ciò che nella cartografia rimane celato,<br />

si dà in assenza, attende di essere illuminato.<br />

Dall’anello del vulcano spento<br />

Riflessi Metropolitani

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!