FuoriAsse #20
Officina della cultura
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LINEE<br />
di Silvia Tomasi<br />
Tabula Peutingeriana, sec. I-IV d.C. Facsimil de Conradi Millieri, 1887/1888<br />
Già nei racconti di Narratori delle pianure<br />
del 1988 Celati apriva al lettore le<br />
sue divagazioni con una cartina geografica<br />
minimale e spoglia. Una «Carta delle<br />
pianure» che va da Gallarate al Po fra<br />
una distesa di paesini uniti solo dalle<br />
linee quasi parallele della via Emilia e<br />
del Po nel loro viaggio da Occidente a<br />
Oriente.<br />
Come si sa le più antiche mappa geografiche<br />
rappresentavano territori attraverso<br />
lunghe linee: ad esempio in una<br />
piccola tavoletta attribuita all’epoca della<br />
dinastia di Sargon di Akkad (2300-<br />
2500 a.C.) si identificano con una linea<br />
l’Eufrate e con due linee le colline ai lati<br />
del corso. La Tabula Peutingeriana rappresenta<br />
su di una striscia le terre dell’Impero<br />
Romano, dalla Penisola Iberica<br />
al Mar Caspio, mettendo in evidenza le<br />
linee delle strade come elementi fisici.<br />
Lunghe strisce di carta piegate come<br />
una fisarmonica erano quelle utilizzate<br />
dai messi governativi cinesi nel XV secolo<br />
dove tutte le informazioni erano<br />
ridotte a una singola linea dritta, la via<br />
da percorrere.<br />
«Le mappe ci svelano come siamo fatti<br />
noi, non il mondo e ritraggono non tanto<br />
il globo, quanto il cervello degli umani<br />
che lo abitano – scrive Alessandro Baricco<br />
in uno dei suoi tre interventi dedicati<br />
al fascino incantatorio delle Mappe apparso<br />
il 4 dicembre 2016 su Robinson,<br />
l’inserto letterario di Repubblica. Esse<br />
scannerizzano in modo favolistico e molto<br />
preciso il rapporto che gli umani intrattengono<br />
con la verità». Ecco perché è<br />
stato geniale il cartografo e viaggiatore<br />
persiano del X secolo d.C., Al Istakhri,<br />
che ha elaborato mappe dove non c’è né<br />
il rispetto per l’esattezza dei territori né<br />
per le proporzioni delle di- stanze; tutto<br />
viene ridotto a linee rette o a circoli in<br />
una resa semplice e sintetica, chissà se<br />
Istakhri immaginava di aver creato il<br />
modello mentale che nel 1931 ha permesso<br />
all’ingegner Henry Beck di disegnare<br />
le imprecisissime mappe della<br />
metropolitana di Londra. Eppure questi<br />
schemi della rete underground, nonostante<br />
gli strafalcioni sugli intervalli fra<br />
stazione e stazione, tutte collocate alla<br />
stessa distanza e nonostante le fermate<br />
risultino tutte allineate perfettamente<br />
come mollette su un filo di bucato, sono<br />
i totem dell’orientamento per ogni<br />
viaggiatore della tube sotterranea.<br />
Ma c’è chi ha scardinato queste mappe<br />
sintetiche e asettiche basate su misure<br />
d’invenzione, immettendo la verità della<br />
distanza e del tempo di percorrenza fra<br />
le diverse fermate.<br />
Infatti spesso basta oltrepassare fisicamente<br />
una stazione della metropolitana<br />
segnalata anonimamente sulla cartina<br />
perché si apra alla fermata successiva il<br />
baratro di un Bronx o degli Hic sunt<br />
leones, come favolosamente venivano<br />
indicati i territori ignoti dell’Africa nelle<br />
antiche mappe. Con il rischio di ritrovarsi<br />
alla fermata dello zoo di Berlino.<br />
Insomma, ciò che la mappa ordinatamente<br />
indica può nella realtà presentare<br />
un grande disordine e abissi di<br />
differenze sociali.<br />
FUOR ASSE<br />
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Riflessi Metropolitani