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la vera bibbia ei libri deuterocanonici - Pentecostali - Apologetica ...

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icavato secondo le regole del<strong>la</strong> grammatica; logico, perché dedotto dal contesto secondo le leggi<br />

del<strong>la</strong> logica, ecc..<br />

Il senso tipico è quello espresso direttamente non dal<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, ma da una cosa o persona indicata a<br />

sua volta dal<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>. Per esempio, se <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> ―manna‖ indica direttamente (senso letterale) quel<br />

determinato cibo col quale Dio sostentò miracolosamente il suo popolo nel deserto, questo cibo, a<br />

sua volta, indica un altro cibo, l‘Eucaristia. Il senso tipico (o figurativo) è inteso esclusivamente da<br />

Dio e l‘agiografo stesso non può conoscerlo senza rive<strong>la</strong>zione.<br />

A seconda del significato d<strong>ei</strong> termini usati, il senso letterale si suddivide in proprio e metaforico; a<br />

seconda dell‘intenzione dell‘autore, in esplicito, implicito e conseguente, pieno ed eminente.<br />

Si dice proprio quel senso in cui le parole vengono usate nel loro significato ovvio e originale: per<br />

es. ―Iddio creò il cielo e <strong>la</strong> terra‖. Improprio (metaforico, figurato tras<strong>la</strong>to) si dice quel senso in cui<br />

le parole vengono usate secondo un significato derivato e figurato il quale presenta una certa<br />

affinità col significato ovvio e originale del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>: per es. Gesù è detto ―l‘agnello di Dio‖.<br />

Paragone e metafora, parabo<strong>la</strong> e allegoria, favo<strong>la</strong> e simbolo. Il paragone consiste in un confronto<br />

fra due termini uniti tra loro mediante qualche particel<strong>la</strong> similitudinaria (―come‖, ―simile a‖ ecc.);<br />

nel paragone le parole sono usate in senso proprio. Per es. condotto al macello come una pecora<br />

non aprì bocca, come un agnello davanti a chi lo tosa.<br />

La metafora è anch‘essa un confronto fra due termini, però non più uniti da una particel<strong>la</strong><br />

similitudinaria, ma identificati tra loro mediante il verbo ―essere‖. Nel<strong>la</strong> metafora le parole sono<br />

usate in senso figurato. Per es. Gesù è detto ―l‘agnello di Dio‖ perché in lui si trovano<br />

caratteristiche simili a quelle dell‘agnello.<br />

La parabo<strong>la</strong> è lo sviluppo di un paragone in un racconto, che ordinariamente è fittizio e<br />

immaginario, però sempre verosimile. Come nel paragone, così anche nel<strong>la</strong> parabo<strong>la</strong> i termini<br />

vanno presi in senso proprio, però, diversamente dal paragone, nel<strong>la</strong> parabo<strong>la</strong> il confronto non è più<br />

tra due termini, ma fra due situazioni: da questo confronto soltanto deve ricavarsi l‘insegnamento,<br />

che è lo scopo principale delle parabo<strong>la</strong>.<br />

L‘allegoria invece è lo sviluppo di una metafora, e quindi le parole vanno prese in senso tras<strong>la</strong>to,<br />

per ragione di somiglianza. Nel<strong>la</strong> Scrittura si trovano allegorie bellissime, per es. quel<strong>la</strong> del Buon<br />

Pastore.<br />

La favo<strong>la</strong>, o apologo, è un racconto sempre fittizio e anche inverosimile nel quale, a scopo<br />

didattico, sono presentati con attributi umani (ragione e paro<strong>la</strong>) esseri inanimati o irragionevoli.<br />

Nel<strong>la</strong> Scrittura se ne trovano solo due esempi: quel<strong>la</strong> degli alberi che cercano un re e quel<strong>la</strong> del<br />

cardo del Libano che chiede <strong>la</strong> figlia del cedro del Libano in sposa per il suo figliolo (Giuditta 9,8-<br />

15; 2Re 14,9). Simbolo in genere è il rappresentativo di un‘idea, di un personaggio, di<br />

un‘istituzione: così <strong>la</strong> croce è il simbolo del<strong>la</strong> redenzione, il pastore è il simbolo di Gesù, le chiavi<br />

del potere spirituale, ecc.. I simboli abbondano nel<strong>la</strong> S. Scrittura, specialmente n<strong>ei</strong> Profeti, e il<br />

simbolo biblico si può definire ―un segno con il quale il profeta indica, per ordine divino, un<br />

avvenimento, un‘istituzione, una persona. Così i nomi di Isaia e d<strong>ei</strong> suoi due figli sono presagio di<br />

castighi temporan<strong>ei</strong> e di salvezza definitiva (simbolo personale); il profeta Ahia di Silo divide il suo<br />

mantello nuovo in dodici parti e ne dà dieci a Geroboamo (azione simbolica o parabo<strong>la</strong> in atto).<br />

Come <strong>la</strong> parabo<strong>la</strong>, anche il simbolo consiste in un confronto fra due situazioni, ma ne differisce in<br />

questo che, mentre <strong>la</strong> parabo<strong>la</strong> si svolge attraverso un racconto, ordinariamente fittizio, il simbolo<br />

invece si svolge attraverso un segno o un‘azione (o una visione) reale. Differisce anche dal tipo,<br />

perché sebbene reale come il tipo, il simbolo ha l‘unica sua ragione di essere nel significare<br />

qualcos‘altro, mentre il tipo ha una ragione di essere anche in se stesso.<br />

Cioè con un esempio, mentre l‘azione di Ahia aveva il solo scopo di significare <strong>la</strong> scissione delle<br />

dodici tribù, invece <strong>la</strong> manna, oltre a significare l‘Eucaristia futura, era anche il cibo miracoloso che<br />

storicamente nutrì gli Ebr<strong>ei</strong> nel deserto. Nel tipo abbiamo quindi due sensi sovrapposti (senso<br />

letterale e senso tipico), nel simbolo invece ne abbiamo uno solo (che è letteralmente improprio).<br />

Senso esplicito, implicito e conseguente. Il senso esplicito è quello che risulta a prima vista dalle<br />

parole considerare nel loro contesto immediato. Il implicito, invece, è quello che in qualche modo è

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