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On the road in caravan<br />

Taggia, Via Soleri<br />

Fra i tavoli dei caffè<br />

di Taggia, di plastica<br />

e alluminio come<br />

quelli di una volta,<br />

si rincorrono<br />

le voci dialettali<br />

della gente anziana,<br />

fra il frusciare<br />

dei quotidiani sportivi<br />

e l’odore forte<br />

del tabacco grezzo<br />

MONTALTO LIGURE<br />

Risaliamo ancora la Valle Argentina fine<br />

alla deviazione che sulla destra conduce<br />

a Montalto Ligure. Le origini del<br />

borgo sono avvolte nella leggenda e la<br />

tradizione orale ne attribuisce la fondazione,<br />

attorno all’anno Mille, ad una<br />

coppia di giovani sposi fuggiti al rito<br />

dello “jus primae noctis”. La piazzetta<br />

all’inizio dell’abitato offre un piccolo<br />

parcheggio, dal quale facilmente si<br />

accede al paese.<br />

L’impianto urbanistico risalente ad<br />

epoca medievale, è letteralmente<br />

aggrappato al fianco della montagna,<br />

costruito per essere facilmente difeso.<br />

Le case in pietra, del tipico aspetto ligure,<br />

delimitano gli stretti “carrugi”, il cui<br />

tracciato si incunea nella penombra di<br />

percorsi coperti, tra scalinate e sovrappassi<br />

pensili. L’anima profonda di questo<br />

ambiente assopito nel suo silenzio<br />

sembra quasi violata dai nostri passi e<br />

dai cordiali incontri con i rari abitanti.<br />

Nel centro del borgo una piazzetta racchiude<br />

l’Oratorio di San Vincenzo<br />

Ferreri, che si appoggia con i suoi bassi<br />

portici sulla facciata della Parrocchiale<br />

di San Giovanni Battista, fondata nel<br />

1407 e rimaneggiata in forme barocche<br />

successivamente, sovrastata dal campanile<br />

del XXIII secolo.<br />

Tornati al piccolo parcheggio seguiamo<br />

l’indicazione per la Pieve di San<br />

Giorgio, poco sotto l’abitato di<br />

Montalto, per una stradina giusta<br />

anche per la sola automobile. L’edificio,<br />

riportato all'originario stile romanico, è<br />

un gioiello a tre navate, con la sua<br />

struttura armoniosamente essenziale,<br />

immerso in un uliveto, in posizione<br />

dominante sulla valle.<br />

MOLINI DI TRIORA<br />

Molini di Triora è il paese il cui nome<br />

proviene dai numerosi mulini ad acqua<br />

che a partire dal Medioevo si allineavano<br />

opponendo le pale alla corrente del<br />

Torrente Argentina. I mulini ad acqua<br />

medievali non esistono più ma acquistiamo<br />

il pane rotondo dei Molini di<br />

Triora, famoso per la sua bontà, valutandone<br />

il felice connubio con l'olio<br />

“Roi” di Badalucco che... abbiamo nel<br />

bagagliaio!<br />

TRIORA<br />

Dai Molini di Triora la strada si inerpica<br />

con ampie volute, ritornando più volte<br />

su se stessa, fino a raggiungere Triora,<br />

collocata in quota quasi a perpendicolo<br />

su un costone.<br />

Triora, dal latino “Tria Ora”, le tre bocche,<br />

appunto le tre bocche del Cerbero,<br />

il mitico cane a tre teste, riprodotto<br />

nello stemma civico del Comune e in<br />

grande sulla pavimentazione della piazza<br />

principale di Triora, di fronte alla<br />

Collegiata. Figura della antica mitologia<br />

greca, il Cerbero aveva il compito di<br />

sorvegliare l’accesso degli Inferi ed<br />

impedire che nessuno dei trapassati ne<br />

tornasse indietro. Simbolo inconsueto<br />

ed arcano, quello di Triora, le cui origini<br />

perdute nel tempo, ne fanno forse un<br />

segno premonitore della misteriosa storia<br />

di persecuzione delle streghe avvenuta<br />

nel tardo Cinquecento.<br />

Triora è un luogo seducente, un luogo<br />

dalla memoria forte, dove ogni pietra<br />

del borgo ed ogni angolo dell'intrico<br />

delle case sembra evocare storie arcane<br />

ed un ineffabile senso di mistero. Nella<br />

semplificazione della civiltà turistica,<br />

Triora è il paese delle streghe, con tanto<br />

di monumento all’ingresso del Borgo,<br />

botteghe di souvenir, legati ad una<br />

TURIT 119

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